L'editoriale

Monti vuole farsi un altro giro al governo

Andrea Tempestini

  Il Corriere della Sera riferisce di uno strano progetto del presidente del Consiglio per votare a ottobre. Secondo quanto riferisce il quotidiano di via Solferino, il Grigiocrate, di fronte al fallimento delle ricette economiche messe in campo in questi mesi, non sarebbe incline all’autocritica, ma piuttosto a dar la colpa all’instabilità politica. Se lo spread è risalito a quota 500 e i mercati speculano contro l’Italia non è perché la cura Monti non funziona, ma la responsabilità è da attribuire alle elezioni annunciate nella prossima primavera. In pratica, informati del prossimo ritorno alle urne, gli investitori si preoccuperebbero del risultato e perciò avrebbero iniziato a disinvestire, spostando i propri capitali altrove. Non sappiamo naturalmente se l’indiscrezione del giornale diretto da Ferruccio de Bortoli corrisponda al vero, e cioè se davvero banche e fondi d’investimento siano preoccupati per quanto succederà in Italia in primavera, ma siccome il Corriere è l’organo che ha tenuto a battesimo l’esecutivo in carica, la prendiamo per buona nonostante la smentita della presidenza del Consiglio. In pratica, il senso dell’operazione raccontata dal principale quotidiano italiano consisterebbe nell’anticipare il voto, giocando d’anticipo. Via il dente - le elezioni - via il dolore: poi si vedrà. Naturalmente il piano prevede come requisito fondamentale la permanenza dell’attuale premier anche dopo la chiamata alle urne. Cioè, si dovrebbe andare a votare ma per rieleggere Monti a Palazzo Chigi, garantendogli non più otto mesi, ma almeno cinque anni di stabilità. Il capo del governo dunque si dimetterebbe ma non farebbe le valigie, perché l’uscita di scena sarebbe finta, o per meglio dire una furbata necessaria a garantirgli la prosecuzione del mandato. Ora, come abbiamo scritto, di tutto il progetto non abbiamo conferme di prima mano. Ma se il piano esiste possiamo dire fin da subito che ha la stessa probabilità di riuscita della manovra Salva Italia. Ve la ricordate? Monti la presentò in pompa magna ai primi di dicembre dello scorso anno e dopo qualche mese replicò con un’altra serie di provvedimenti intitolati Cresci Italia. Oggi, con lo spread a 500 e il pericolo di un crollo dell’Euro, Salva e Cresci Italia sembrano due prese per i fondelli e forse lo sono. Dopo otto mesi scopriamo che non ci siamo salvati né siamo cresciuti. Semmai ci siamo impoveriti un po’ di più alzando  le tasse, e dunque limitando la nostra possibilità di reagire. Monti ha fallito e rinominarlo Salvatore della patria alla guida di una maggioranza in cui siano presenti sia il Pd che il Pdl non servirebbe a nulla, se non a farci andare a fondo un po’ più rapidamente. Noi non siamo pregiudizialmente contro le elezioni, anzi le auspichiamo e anche in fretta. Ma non per rieleggere Monti con una maggioranza bipartisan, piuttosto per farlo tornare in fretta al lavoro che gli è più consono, cioè quello  dietro una cattedra. Non servono infatti i professori per rilanciare un Paese come l’Italia. Né c’è bisogno di presunti tecnici che puntino a soddisfare esclusivamente la propria vanità personale. Noi abbiamo bisogno di un governo che non cerchi popolarità, ma abbia il coraggio di fare scelte impopolari e cioè di dir chiaro a sindacati e partiti che la festa è finita. Sessant’anni di una Repubblica fondata sullo spreco e sulla furbizia sono finiti. Ora c’è l’urgenza di un governo che governi e non passi il tempo a concertare con Cgil, Cisl e Uil e a lisciare il pelo al Pd. Altro che grande coalizione o grande inciucio. Per salvare questo Paese è sufficiente un piccolo ragioniere, il quale, una volta fatto il conto delle Regioni mangia soldi, abbia la volontà di usare le forbici. Pensate se al posto di Monti e degli altri parolai in trasferta a Palazzo Chigi (Elsa Fornero fra i primi) ci fosse un governo che la spending review la fa sul serio. Non sarebbe un segno dei tempi? Invece di una lezione finalmente avremmo una decisione. Dalle parole ai tagli. Ma forse è sperare troppo. Di sicuro lo è se si pensa a un Monti bis. Ci ha già deluso il Monti uno, figuratevi il due. di Maurizio Belpietro