L'editoriale

I veri evasori (che lo Stato non cerca)

Nicoletta Orlandi Posti

di Maurizio Belpietro Non c’è niente da fare: chiunque si azzardi a criticare i metodi di Equitalia e dell’Agenzia delle entrate passa per un difensore degli evasori. In qualche caso, dato che nei confronti degli uffici del Fisco sono stati lanciati anche ordigni, rischia pure di apparire un sobillatore se non, peggio, un mezzo  terrorista.  Sarà bene dunque  chiarire  per l’ennesima volta che, per quanto ci riguarda, chi non paga le tasse deve essere scovato e punito. Se non altro perché quelle non versate da lui le devono corrispondere altri contribuenti e noi siamo tra questi, in quanto lavoratori dipendenti. Chi ha un impiego non ha alcuna possibilità di sgarrare ed è costretto a contribuire fino all’ultimo euro e vale la pena di ricordare che non si tratta di pochi soldi, perché la forte evasione ha indotto per reazione i governi che si sono susseguiti a produrre la più forte pressione fiscale d’Europa. Tutto ciò premesso - e cioè che se fosse per noi gli evasori li sbatteremmo in galera provvedendo a buttare la chiave - non possiamo però fare a meno di notare che certi metodi degli ispettori del Fisco e la stessa lotta all’evasione ci paiono sbagliati. Spillare quattrini da un’azienda in crisi senza concedere neppure una dilazione è un modo per affrettarne la chiusura e dunque per perdere i tributi. Lo Stato dovrebbe avere interesse a consentire che l’impresa prosegua la sua attività, perché se lo fa non solo pagherà il dovuto, ma potrebbe generare altre entrate. Invece, gli ispettori non fanno sconti ad alcuno, neanche alle persone per bene che hanno sempre pagato. Stessa storia con negozianti e ristoratori: basta uno scontrino non pagato e si rischia di dover chiudere a causa delle multe cui si deve sottostare.  Naturalmente non ce l’abbiamo con gli operatori di Equitalia o dell’Agenzia delle entrate: quelli fanno il loro mestiere e applicano le direttive. È la legge che è sbagliata e andrebbe modificata affinché prendesse di mira i veri evasori. I quali sono tanti e possono godere indisturbati dei frutti del loro furto ai danni dello Stato, perché nessuno davvero li cerca. Pur avendo creato una delle legislazioni fiscali più complicate, nonostante abbia, con scarsi risultati, istituito una specie di regime del terrore, con ispezioni, scontrini, ricevute fiscali e studi di settore, il ministero dell’Economia non si ravvede. Non pensa che gli evasori li si debba stanare con altri metodi. Anzi. Invece di ripensare la caccia a chi non paga le tasse, la estende a macchia d’olio, rendendo ad esempio obbligato l’utilizzo di Equitalia anche per quei Comuni che ne vogliono fare a meno. Approfittando delle ruberie dei pubblici amministratori e della bancarotta di Tributi Italia, come ha scoperto il nostro Franco Bechis, il governo si appresta ad estendere l’operatività della riscossione di Stato, con i sistemi che sono a tutti noti. Eppure, ci vorrebbe poco per rendere più efficace (e probabilmente anche meno costosa) la caccia a chi evade. Sarebbe sufficiente semplificare le norme in materia di tributi: infatti più le si complica e più si ottiene l’effetto contrario. Al punto che c’è quasi da sospettare che qualcuno voglia regole talmente assurde da consentire a chi si avvale di esperti capaci di districarsi nell’intrico di commi, ai grandi evasori, di farla franca. Già, perché come spiega Giuseppe Bortolussi nel suo ultimo libro (Evasori d’Italia, Sperling & Kupfer editori) il grosso delle tasse non versate non arriva dai commercianti e dai ristoratori. Quelli forse eviteranno di emettere qualche scontrino, ma gli studi di settore provvedono a regolare i conti. Secondo il direttore della Cgia di Mestre, l’associazione degli artigiani e piccole imprese che ha il più affermato centro di analisi fiscale che ci sia in Italia, a nascondere i guadagni al Fisco sono soprattutto i grandi gruppi, i quali approfittando della legislazione possono architettare ogni strumento per pagare meno tasse. Ad essi si aggiungono poi i criminali, cioè quelle organizzazioni che sono specializzate nel celare all’Erario i propri guadagni, sfruttando con ingegno ogni spazio offerto dallo Stato. Così, secondo Bortolussi, si sottrarrebbe un volume d’affari che oscilla fra i 100 e i 275 miliardi. La lista dei veri evasori continua con le società immobiliari, i falsi circoli e i furbi che trasferiscono il loro patrimonio e i loro guadagni oltre frontiera, spesso nei paradisi fiscali. Tutta gente che non si fa beccare certo a emettere uno scontrino in meno. Gente però che, una volta identificata, farebbe guadagnare al Fisco molto di più di quanto faccia una ricevuta non emessa.  Ma, forse, pescare i pesci grossi dà fastidio a qualche piccolo uomo di potere.