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Joe Biden dimezzato, perché gli Usa non comandano più: il declino dell'impero

di Alessandro Giuli martedì 28 giugno 2022

3' di lettura

Voleva riaffacciarsi in Europa come il leader tonante del mondo libero che combatte il dispotismo asiatico, invece Joe Biden ha finito per portarsi oltreoceano l'aura del presidente gravato da un sacco di guai domestici e ammaccato nella salute. Non esattamente il massimo, per rappresentare un Occidente in cerca di sé stesso, nel quadro di un G7 parolaio e litigiosetto allestito in Germania per rispondere all'invasione russa dell'Ucraina e fare la faccia cattiva alla Cina. Di là dall'esito del vertice, comunque imperfetto o incompiuto, ciò che risalta sin da subito è l'appannamento della prima democrazia planetaria sfidata a distanza dall'autocrazia di Vladimir Putin, aggredita da una formidabile impennata inflattiva (mai così alta da quarant' anni a oggi) che contrasta non poco con l'autarchia energetica sulla quale Washington contava per attutire i contraccolpi delle sanzioni comminate a Mosca, e soprattutto incendiata dalle conseguenze della sentenza con la quale la Suprema Corte venerdì ha rimesso in questione il diritto costituzionale all'aborto. Per comprendere la popolarità della classe dirigente americana in Europa, basta osservare il tweet di benvenuto con cui il presidente francese Emmanuel Macron ha idealmente accolto Biden nel Vecchio Continente: «L'aborto è un diritto fondamentale di tutte le donne». Una mozione condivisa dalle altre cancellerie, ovviamente, che non contrasta certo con le idee dell'inquilino della Casa Bianca e tuttavia contribuisce a rendere più imbarazzata la sua posizione.

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SENZA CARISMA - Ma in fatto di aborti, Biden sta scontando ben altro: l'impressione che in Ucraina si combatta una guerra mondiale per procura è ormai un dato acquisito, ma che gli Usa la stiano vincendo è tutt' altro che scontato.

Quanto alla pretesa coesione europea, sono anzitutto i teutonici padroni di casa del G7 a tentennare sul tetto al prezzo del gas (mandando in avanscoperta come sempre i subalterni alleati olandesi) e a temere i rischi di escalation provenienti delle Repubbliche baltiche confinanti con la Russia. Perfino il dossier relativo all'ingresso della Svezia e della Finlandia nella Nato sembra sfuggire al controllo Usa e messo a repentaglio dal presidente della Turchia Recep Tayyp Erdogan.
Siamo insomma al cospetto di uno stallo generalizzato in cui l'ex gendarme del mondo sconta un vuoto strategico aggravato dalla senescenza di una leadership che impensierisce per primi i suoi stessi demiurghi Democratici in vista delle elezioni di mid-term fissate per novembre. Oltretutto la recente caduta presidenziale dalla bicicletta e l'istantanea rubata dai media tra le mani presidenziali nella quale si leggono le prescrizioni dello staff stampate su un biglietto - «mettiti seduto... ricevi i giornalisti... fa' questa domanda... parla per due minuti... ringrazia... alzati e saluta...» - restituiscono la sensazione di una crescente instabilità.

Forse si è ironizzato sin troppo sulle strette di mano immaginarie con le quali Biden ha chiuso alcune delle sue ultime conferenze stampa, quasi a voler sigillare l'affettuosa complicità con qualche amico invisibile; eppure è difficile pensare che il presidente degli Stati Uniti stia dissimulando un affaticamento senile per chissà quale scopo.

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La verità, posto che ve sia una soltanto, è che dopo la tempestosa parentesi trumpiana l'America sta sperimentando un'impotenza inattesa: la buona gestione della campagna vaccinale per uscire dell'incubo pandemico aveva lasciato ben sperare; ma alla prima prova di crisi geopolitica planetaria non ha retto. La guerra europea, accompagnata dallo spettro di una carestia globale che ha già raggiunto l'Africa, sta costringendo gli Usa ad abbandonare il monoideismo di un soft power anti cinese da dispiegare esclusivamente nel quadrante indo-pacifico, come testimonia la precipitosa ritirata dall'Afghanistan riconsegnato ai Talebani. Ora che il grande gioco si fa nuovamente duro, l'hard power ha bisogno di uomini forti e saldi punti di riferimento. Ciò che Biden non sembra essere.

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