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Iran, "gioco politico della Cina": scenari estremi, cosa sta accadendo

di Marco Rota giovedì 29 giugno 2023

3' di lettura

Gli Accordi di Abramo devono fare i conti con i rapporti tra Iran, Arabia Saudita, Russia e Cina.  Recenti indiscrezioni dal sito della Quds iraniana e dall’agenzia di stampa e analisi Debka (Israele), lasciano intendere che la Cina sia contraria al partenariato Stati Uniti-Arabia Saudita nel comparto bellico. Riyadh vuole supporto circa un nuovo impianto di arricchimento dell’uranio, e se gli Stati Uniti non volessero dare man forte, sarebbe l’Iran a coadiuvare lo storico rivale sunnita, addirittura con l’appoggio tecnico- politico della Cina.  L’Iran è in preda a convulsioni provenienti dal basso. Come ha scritto Reuel Marc Gerecht dell’American Enterprise Institute: «La persianizzazione e la centralizzazione dello Stato iraniano sono continuate sotto il regime dei religiosi. In pratica, l’islamizzazione è stata il rovescio della persianizzazione». 

Persiani, azerbaigiani, curdi, arabi ahwazi, lur (sciiti del Lurestan), gilak e mazani (sul Mar Caspio), oltre a turkmeni e baluci (che impiegano il persiano solo come seconda lingua) continuano a comporre una rete politicamente e socialmente vivace epperò instabile. Sono quattro, nello specifico, le province azerbaigiane da monitorare: Ardabil, Azerbaigian dell’Est e dell’Ovest, Zanjan. Ciò si è si è tradotto sul piano della politica estera nell’appoggio all’Armenia contro l’Azerbaigian durante il conflitto del 2020, anche se adesso la situazione è mutata e nemmeno il fianco Sud-orientale dei baluci è pacificato (chi vuole capirne di più può leggere il saggio di Brenda Shaffer dal titolo Iran is More Than Persia: Ethnic Politics in Iran).

Nel 2035, stando ad analisi dell’UN Department of economic and social affairs, la maggioranza della popolazione avrà un’età compresa fra i 45 e i 54 anni. Entro il 2030 Teheran incrementerà la sua popolazione di 10 milioni di unità in uno scenario dove circa il 75% vivrà nei centri urbani e non in campagna, andando a consolidare una marcata contrapposizione politica e culturale tra centro e periferia.


STATO MULTIETNICO
Mentre il Movimento Verde era centrifugo, a trazione urbana, le rivolte recenti sono state centripete, originate dall’entroterra. Certamente le agitazioni di fine 2022 avevano un’origine etnica più che puramente politica.  Non dimentichiamo che sul confine afgano-pakistano, a Zahedan (a maggioranza belucita), la rivolta oggi è originata dalla repressione dei Pasdaran. E che fin dalla Prima Guerra del Golfo l’intera regione Sistan-Belucistan non ha beneficiato di investimenti governativi, diversamente dalle regioni occidentali (Esfahan, Yazd, Kerman) legate all’export del petrolio. Nel 2013, questa regione votò per Rouhani e tuttora è in preda ai trafficanti di droga, cosicché non si può escludere che diventi una nuova Siria: di qui la sua natura di faglia geopolitica. L’equilibrio tra governanti e governati si è comunque spezzato definitivamente con l’assassinio di Mahsa Amini, avvenuto il 16 settembre 2022.

Poi c’è il trattato di contenimento del programma nucleare iraniano, noto come JCPOA. L’amministrazione Biden sta negoziando da mesi con gli iraniani per limitarlo, magari evitando di ripristinarlo integralmente o nemmeno ufficialmente, così da poter allentare le maglie delle sanzioni in uno Stato dove le condizioni economiche restano drammatiche.


TUTTO PER L’URANIO
L’Iran cerca di usare la soglia di arricchimento dell’uranio come leva per ottenere di più dall’Europa in termini di penetrazione economica; e lo fa giocando d’anticipo con gli europei per ridurre il divario nella negoziazione con gli Stati Uniti, che però sono l’unica vera potenza a difesa di Israele. Circa il dossier ucraino, l'Iran simula una de-escalation circa l'appoggio alla Russia, che nega di aver utilizzato droni iraniani, nonostante vi siano prove che essi vengano impiegati per attaccare le città ucraine. Mentre la Cina resta aggressiva non solo nell’Indo - Pacifico e appoggia tramite l’Iran il nucleare saudita, l’Iran medesimo sta aumentando progressivamente i livelli di arricchimento dell’uranio come minimo fino al 60%, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA).

L’interoperabilità “dual us” tra Russia, Iran e Cina non è rassicurante per Gerusalemme, data anche la nuova “redistribuzione” del potere a Mosca. Entro un anno è pronosticabile una nuova salita sulla ribalta dei Pasdaran a Teheran, che forse eviterebbe il conflitto con Israele; mentre Netanyahu, sempre saggiamente prudente circa le opzioni militari, ha comunque sul tavolo i piani per difendere Israele anche con un attacco preventivo al regime iraniano.

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