CATEGORIE

Il ministro degli esteri israeliano Saar: "La Palestina è lo Stato di Hamas. E Francesca Albanese è antisemita"

di Fausto Carioti domenica 3 agosto 2025

8' di lettura

Cinquantanove anni, fondatore del partito di centrodestra Nuova Speranza, Gideon Saar è il ministro degli Esteri del governo Netanyahu. Questa è la prima intervista che rilascia da mesi a un quotidiano italiano. Accetta di parlare con Libero in uno dei momenti più difficili nei rapporti tra Italia e Israele. 


Ministro, il presidente Sergio Mattarella ha detto che è «inaccettabile il rifiuto del governo di Israele di rispettare a Gaza le norme del diritto umanitario» e che è difficile non vedere nelle azioni di Israele «l’ostinazione a uccidere indiscriminatamente». Il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha risposto dicendosi «rattristato». Italia e Israele sono ancora Paesi amici? 
«Mi è spiaciuto per ciò che ha detto il presidente Mattarella. Abbiamo grande rispetto per lui e per l’Italia, ma il nostro presidente Herzog ed io gli abbiamo risposto sottolineando che stiamo agendo nel pieno rispetto del diritto internazionale, e che queste accuse non rappresentano il modo in cui operiamo. Per quanto riguarda la sua domanda: sì, credo che Italia e Israele siano amici. Sappiamo che c’è un’enorme ondata anti-israeliana alimentata dai resoconti dei media, che, per usare un eufemismo, non sono sempre accurati né equilibrati. Ma credo che i rapporti tra noi siano forti e che supereremo questo periodo. Invito tutti, però, ad avere sempre presente la posta per cui Israele sta combattendo». 
Qual è questa posta?  
«Israele affronta una guerra per la propria esistenza su più fronti, contro gli elementi più jihadisti e radicalizzati del mondo. È una guerra molto complicata, perché avviene in una zona urbana, in cui da una parte ci sono gli ostaggi israeliani, dall’altra i residenti di Gaza, ma anche un’organizzazione terroristica crudele e sofisticata, che ha creato uno stato del terrore sia sopra che sotto terra. Combattere questa guerra non è facile, ma è necessario affinché il Medio Oriente non venga controllato dall’Islam jihadista. E, per inciso, la sconfitta di Hamas è necessaria anche per i palestinesi di Gaza, le cui vite sono state distrutte da Hamas fin dal momento in cui ha preso il potere, nel 2007».
Resta il fatto che alle stesse conclusioni di Mattarella sono giunti molti italiani. Bombardare la parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza, sparare su ambulanze, uccidere medici, infermieri e bambini, colpire ospedali. Come può Israele, che ha uno degli eserciti più moderni del mondo, sbagliare così tanto? 
«Sono molte accuse, alle quali potrei rispondere una per una. Quanto a quello che lei ha chiamato bombardamento della chiesa, non è accaduto deliberatamente, è stato un tragico errore ed è oggetto di un’indagine. Non prendiamo mai di mira chiese o altri luoghi religiosi, ma questo tipo di errori accade in guerra. Abbiamo espresso il nostro dispiacere ai massimi livelli: il nostro primo ministro ne ha parlato con il papa e con la presidente Meloni, io stesso ne ho parlato poco dopo con il ministro Tajani. Stiamo fornendo alla chiesa tutto l’aiuto necessario. Ma bisogna comprendere che in guerra accadono tragedie. Il numero di soldati del nostro esercito che sono stati uccisi dalle nostre stesse forze non è piccolo: è accaduto anche questo e purtroppo accade ripetutamente, perché stiamo conducendo una guerra in un’area piccola e densamente popolata».
Nei prossimi giorni l’Italia paracaduterà aiuti umanitari su Gaza, in collaborazione con la Giordania. Questo è un problema per voi? 
«Assolutamente no. L’Italia, da sempre, è in prima linea negli aiuti umanitari. Il mio amico Antonio Tajani ha guidato il progetto “Food for Gaza”, e noi lo abbiamo facilitato. Ogni volta che l’Italia vuole fare qualcosa del genere noi la aiutiamo, e anche per questo siamo in stretto contatto con l’ambasciatore italiano in Israele. Colgo l’occasione per invitare anche altri Stati. Non c’è alcuna chiusura da parte di Israele: oggi, chiunque voglia partecipare a queste operazioni, da terra o dall’aria, è il benvenuto».
Vi chiedono un cessate il fuoco duraturo: quando ci sarà? 
«Abbiamo lavorato duramente affinché ci fosse. Pensavamo ci fosse una possibilità, abbiamo anche accettato la proposta dei mediatori americani e arabi - Qatar ed Egitto per un cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi. Purtroppo, Hamas non l’ha accettata. Ha posto un’altra condizione irragionevole e adesso rifiuta anche di negoziare. Vorrei che fosse chiaro che questa è una conseguenza diretta delle dichiarazioni e delle iniziative anti-israeliane adottate di recente da alcuni Stati occidentali».
Che intende dire? 
«Avevamo avvertito che questa campagna anti-israeliana avrebbe portato a un irrigidimento della posizione di Hamas, ed è esattamente ciò che è accaduto. I leader di Hamas vedono crescere il sentimento anti-israeliano in Occidente, e quindi stanno traendo vantaggio dalla prosecuzione della situazione. Perciò, per risponderle, purtroppo non vedo possibile un cessate il fuoco nel breve periodo». 
Decine di ostaggi israeliani sono ancora nelle mani dei terroristi, non siete riusciti a liberarli. L’altro vostro obiettivo principale era rendere Hamas incapace di fare ancora del male a Israele e ai suoi abitanti. Lo avete raggiunto? 
«Purtroppo abbiamo ancora ventimila terroristi di Hamas attivi a Gaza, sia sopra che sotto terra. In alcune zone Hamas è stata completamente sconfitta, come a Rafah o nella parte nord della Striscia. A Shejaiya abbiamo eliminato quasi del tutto le loro capacità operative. Ma in altre aree, soprattutto in quelle dove tengono ostaggi come la città di Gaza, il campo profughi centrale o alcune parti di Khan Yunis- la loro presenza è ancora significativa. Poiché conduciamo la nostra guerra cercando di non mettere in pericolo gli ostaggi, è molto difficile gestire un conflitto di questo tipo. Quei terroristi possono ancora essere una minaccia per Israele, ed è per questo che la guerra continua. Prima di tutto, dobbiamo riportare indietro tutti i nostri ostaggi. E poi non possiamo accettare che Hamas rimanga la forza militare più forte a Gaza, perché è chiaro che continuerà a schiavizzare la popolazione e a minacciare Israele».
Il programma nucleare iraniano è stato fermato o solo rallentato dal bombardamento americano? 
«Il programma nucleare iraniano è stato fatto arretrare di alcuni anni. Abbiamo preso di mira tutte le componenti della filiera nucleare, compresi l’arricchimento, la trasformazione e la militarizzazione del materiale radioattivo. Secondo le nostre stime, prima del nostro attacco di giugno, l’Iran era a circa sei mesi dalla possibilità di produrre una bomba nucleare. Li abbiamo riportati indietro di qualche anno e questo è un risultato molto importante. Inoltre, ora c’è un impegno molto chiaro, non solo da parte di Israele, ma anche degli Stati Uniti, a intervenire di nuovo per impedire che l’Iran ottenga armi nucleari. E credo che gli Stati Uniti abbiano dimostrato con i fatti di prendere la questione molto seriamente».
L’Iran ha smesso quindi di essere pericoloso? 
«No, perché c’è un altro pericolo che viene dall’Iran: il programma di missili balistici. Hanno in programma di produrne circa 300 al mese, un numero incredibile. E questo esporrebbe il nostro piccolo Stato a un pericolo insostenibile. Abbiamo gravemente danneggiato la loro capacità di produrre missili balistici. Quindi, anche da questo punto di vista, oggi siamo in una posizione migliore e questo è importante anche per la sicurezza dell’Europa, come i governi europei sanno bene. Spero che i Paesi dell’E3 - Germania, Regno Unito e Francia - attivino questo mese la clausola di “snapback”, che consente di reintrodurre le sanzioni contro l’Iran, per impedire ogni comportamento destabilizzante. Questo include anche il sostegno a gruppi terroristici e ad attori statali e non statali in tutta la regione, come Hezbollah in Libano e gli Houthi in Yemen, che tra l’altro rappresentano una seria minaccia anche per l’economia italiana».
In Occidente, intanto, Israele sta perdendo la guerra della propaganda. Come ve lo spiegate? Credete che sia solo colpa delle fake news, come quella del bambino palestinese che in realtà è malato di fibrosi cistica? 
«A Libero conoscete bene quella storia, voi avete raccontato di quel bambino con la fibrosi cistica che era stato mostrato su un altro giornale italiano come se stesse morendo di fame. È un esempio tipico di queste menzogne, ce ne sono state molte altre. Ma un Paese che commette “genocidio” non permetterebbe che arrivassero a Gaza i numeri straordinari di aiuti che stiamo facendo passare noi. Aiuti che non consistono solo in cibo e acqua, ma anche in attrezzature mediche, sin dall’inizio della guerra. Stiamo garantendo pause umanitarie, per permettere a tutti i camion di arrivare in sicurezza alla popolazione nella Striscia di Gaza. Abbiamo introdotto la strategia dei lanci aerei, fatti anche da noi. Chi vuole commettere un genocidio non prende iniziative di questo tipo. Dire che stiamo commettendo un genocidio è completamente falso, è pura propaganda antisemita».
La Spagna, la Francia, il Regno Unito, la Germania e il Canada si sono detti pronti, in modi diversi, a riconoscere la Palestina. Il governo italiano ha detto che non è questo il tempo, ma la sinistra italiana è favorevole al riconoscimento immediato. Cosa dice a tutti costoro? 
«Ad oggi, circa 145 Paesi riconoscono lo Stato palestinese. Ma è un riconoscimento del tutto irrazionale, innanzitutto perché non esiste un reale Stato palestinese. In secondo luogo perché, se uno Stato palestinese oggi esistesse, sarebbe sicuramente uno Stato di Hamas. Sarebbe lo Stato più radicalizzato del pianeta, situato a pochi chilometri da tutti i nostri centri abitati. Renderebbe la regione ancora più instabile e sarebbe un enorme vantaggio per l’Iran, perché gli consentirebbe di avere, tramite Hamas nella striscia di Gaza, nuovi confini con Israele,come li ha già tramite Hezbollah. E questo senza che Israele abbia confini con l’Iran. Non ci sarebbe davvero alcuna razionalità in una scelta del genere».
Il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, ha detto che il riconoscimento della Palestina è «la soluzione». Siete delusi da papa Leone XIV? 
«Certo che siamo delusi. Siamo delusi da qualsiasi Stato o entità che riconosca unilateralmente uno Stato palestinese, perché questo serve solo ad allontanarci dalla pace e dalla sicurezza. Negli anni Novanta concordammo di risolvere questo conflitto in un contesto bilaterale. Dichiarazioni internazionali unilaterali come questa non avvicinano la soluzione, la allontanano e basta. In questo modo, i palestinesi ottengono riconoscimenti internazionali senza pagare il necessario prezzo politico del compromesso, che è la strada per raggiungere soluzioni pacifiche».
Le vostre accuse contro Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi, sono state ignorate. Albanese è un punto di riferimento per molti esponenti della sinistra italiana, che la candidano anche al premio Nobel per la Pace. Vi preoccupa la stima che una parte politica ha per questa donna? 
«Albanese è un’antisemita, è ossessionata con Israele, come di recente è emerso molto bene nelle tensioni nate con l’amministrazione americana. Non cerca la verità, è uno degli alfieri schierati contro lo Stato ebraico, ed è così che noi la percepiamo».
Un ebreo francese è stato picchiato nei giorni scorsi in un Autogrill italiano, davanti al figlio. Episodi simili sono avvenuti altrove in Europa. Credete che in Europa stia tornando l’antisemitismo? 
«Non c’è dubbio che l’antisemitismo, a ottant’anni dalla fine dell’Olocausto, sia tornato in Europa. Gli Stati europei dovrebbero prendere tutte le misure necessarie per prevenire questi crimini e per punire in modo severo chi li commette. Ma mi faccia essere franco: questo antisemitismo è alimentato da dichiarazioni anti-israeliane e da una copertura mediatica totalmente sbilanciata, ingiusta e ostile verso Israele da parte di alcuni media. Questa copertura crea nelle persone una rappresentazione distorta della situazione in Medio Oriente, e i risultati sono quelli che vediamo».

tag
gideon saar
netanyahu
israele
gaza
palestina
hamas
francesca albanese

A senso unico In Onda, "a Gaza giustiziano i bimbi": Rula Jebreal, orrore senza contraddittorio

E le inchieste? Matteo Ricci dalle Marche dichiara guerra a Israele

Noi, la guerra e la pace La scelta di stare dalla parte giusta

Ti potrebbero interessare

In Onda, "a Gaza giustiziano i bimbi": Rula Jebreal, orrore senza contraddittorio

Matteo Ricci dalle Marche dichiara guerra a Israele

Pietro Senaldi

La scelta di stare dalla parte giusta

Lo strano amore dei progressisti per lo Stato di Palestina (che non c'è)

Antonio Socci

All’università brasiliana ora si studia il veneto

Per la prima volta al mondo, il veneto diventerà disciplina di studio presso l’Universidade Federal de Sant...
Maurizio Stefanini

Auschwitz, "via la Stella di David": Polonia choc, l'ultimo sfregio

Un gruppo di soldati delle Forze di Difesa israeliane in visita all’ex campo di concentramento nazionalsocialista ...

Squalo, scatta l'allarme: così attaccano anche in riva al mare

Incontri ravvicinati. Che è un po’ brivido e un po’ (tanta) vera e propria paura, ma è anche m...
Claudio Osmetti

Ostaggi, altro macabro show di Hamas

Per rincarare la dose sulla fame che affligge la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza, Hamas ha pubblicato ier...
Mirko Molteni