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Marlene Hengelorn, i suoi nonni producevano gas per i nazisti. E lei va a Gaza

di Daniele Dell'Orco giovedì 7 agosto 2025

3' di lettura

Una nuova flottiglia anti-israeliana si appresta a salpare verso Gaza, ammantata dalla consueta retorica pacifista e ribattezzata, con un pizzico di beffarda ingenuità, la “Flottiglia della Pace”. Come decine di altre che l’hanno preceduta, anche questa sostiene di avere come obiettivo quello di rompere il blocco navale imposto da tempo da Israele al largo della Striscia. E, esattamente come le altre, finirà per essere intercettata dalla Marina israeliana. Tutte queste operazioni di pr, perché bisognerebbe essere parecchio naif per pensare che possano davvero servire ad aiutare i palestinesi, sono sempre accompagnate da testimonial d'eccezione: attivisti, personaggi noti, attori.

La Flottiglia della Pace non fa eccezione, optando per una scelta talmente tragicomica da sembrare fake: avrà a bordo Marlene Engelhorn, ereditiera miliardaria, filantropa «contro il genocidio e per una Palestina libera». Già paladina del fronte dei “ricchi pentiti”, è diventata nota perché, con nobile ostentazione, aveva dichiarato di volersi autotassare del 90%. Visto che l’Austria non prevede tasse di successione, risolse il dilemma distribuendo parte della sua ricchezza a 50 “fortunati” individui selezionati da lei stessa — una sorta di riffa della coscienza, travestita da giustizia sociale. Nel 2021 ha poi fondato un gruppo di pressione dal nome eloquente, “Tax Me Now”, e da allora la sua carriera di ereditiera-redentrice procede spedita, tra interviste e crociate per tassare i ricchi. Ma il problema di Engelhorn non è che sia demagoga con la filigrana, né che la ricchezza con cui finanziai suoi capricci le sia piovuta immeritatamente dal cielo. Bensì, da dove provenga.

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La trentatreenne austro-tedesca, infatti, è pronipote di Friedrich Engelhorn, fondatore della BASF, il colosso chimico che — durante il Terzo Reich — fu parte integrante del famigerato conglomerato IG Farben. Che non era solo un gigante industriale: era il cuore pulsante dell’industria della morte nazista. Cresciuta “arianizzando” aziende ebraiche, sfruttando decine di migliaia di schiavi nei campi di concentramento, e costruendo Auschwitz III – Monowitz, IG Farben produceva tra le altre cose lo Zyklon B, il gas che sterminò un milione di ebrei nelle camere a gas. Dopo la guerra, gli Alleati gli sequestrarono i beni, smantellarono l’azienda e imprigionarono 12 dei suoi dirigenti per crimini contro l’umanità. Eppure oggi, una discendente di quell’impero industriale sale a bordo di una carovana del mare che si autoproclama contro il genocidio, tra gli applausi degli organizzatori, i quali — senza un briciolo di consapevolezza storica — esultano: «Marlene Engelhorn è dalla parte giusta della storia». Un concetto, letto così, piuttosto inquietante.

Il Viceministro degli Esteri israeliano, Sharren Haskel, la definirebbe «utile idiota dell’islamismo radicale». Il virgolettato l’ha utilizzato per davvero, ma riferito a un altro surreale teatrino andato in scena però sul Sydney Harbour Bridge, in Australia, dove tra bandiere palestinesi e slogan che paragonavano Netanyahu a Hitler, tre figure di spicco del Partito Laburista australiano – Ed Husic, Tony Sheldon e l’ex premier Bob Carr – hanno sfilato con aria assorta senza curarsi troppo del fatto che, dietro di loro, a pochi metri, un manifestante sollevava alto il ritratto dell’Ayatollah Ali Khamenei, armato di fucile. Un altro, invece, sventolava la mappa d’Israele grondante sangue.

Il corteo, sotto un diluvio che rendeva il tutto ancor più teatrale, si è trasformato così in un trionfo di simbolismi involontari, immortalati e diffusi sui media internazionali. Oltre alle rimostranze di Haskel, è intervenuta anche Kylie Moore-Gilbert, accademica australiana che ha scontato 804 giorni nelle prigioni iraniane per accuse di spionaggio inventate di sana pianta. Vedere politici australiani «accanto a un dittatore che imbraccia un fucile» le è sembrato uno spettacolo «profondamente deludente». Ma si è chiesta, con un filo di sarcasmo: «Davvero nessuno di loro si è voltato indietro?» A chiudere il quadro tragicomico, la figura del signor Carr, elegantemente riparato sotto un ombrello, in posa perfetta per i fotografi, ignaro di essere il protagonista di uno scatto destinato a diventare materiale da manuale sulla propaganda inconsapevole.

Per quanto surreali, questi binomi rischiano di diventare comunque pericolosi. In Grecia, in occasione delle proteste del 10 agosto indette dal movimento di sinistra "Marcia verso Gaza" il ministero della Diaspora di Israele ha lanciato un messaggio di allerta ai turisti israeliani in territorio ellenico, che rischiano di essere presidi mira loro malgrado. L'accoppiata tra sinistra e movimenti pro-pal è proprio questo: un mix equivoco, esplosivo e destinato a diventare incontrollabile.

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