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Le navi da guerra Usa addolciscono Maduro

Operazione anti-narcotraffico davanti alle coste venezuelane. E Caracas libera 13 dissidenti
di Maurizio Stefanini lunedì 25 agosto 2025

4' di lettura

Arrivano davanti alle coste del Venezuela le navi inviate da Donald Trump, proprio mentre il dittatore venezuelano Maduro libera tredici prigionieri politici, tra cui due con cittadinanza italiana (non però Alberto Trentini, il cooperante arrestato nel novembre 2024 e di cui non si ha notizia). E le due cose potrebbero essere in qualche modo collegate. E dunque, sono 4.500 i marinai e 2.200 i marines che sono partiti dal porto di Norfolk, in Virginia, sulle navi da trasporto anfibio Uss San Antonio, Uss Fort Lauderdale e Uss Iwo Jima. Sono appoggiati dai cacciatorpediniere Uss Gravely, Uss Jason Dunham e Uss Sampson, da un sottomarino di attacco e da aerei da pattugliamento marittimo P-8 Poseidon. Uno spiegamento di forze motivato ufficialmente dalla lotta al narcotraffico (poi ci torniamo) e che di fatto mette pressione al regime di Caracas.

Tanto che Henrique Capriles Radonski, ex candidato presidenziale nonché maggior leader dell’opposizione che ha accettato di partecipare alle ultime politiche, ha annunciato proprio ieri la scarcerazione dei tredici detenuti politici. Tra questi, due sono anche in possesso della cittadinanza italiana, l’ex deputato Américo De Grazia e Margarita Assenzo. Sono tornati liberi insieme a Víctor Jurado, Simón Vargas, Arelis Ojeda Escalante, Mayra Castro, Diana Berrío, Gorka Carnevalli. Arresti domiciliari invece per Nabil Maalouf, Valentín Gutiérrez Pineda, Rafael Ramírez, Pedro Guanipa e David Barroso. Rafael Ramírez, in particolare, era il sindaco di Maracaibo, arrestato un anno fa assieme ad altri eletti e anche dipendenti del municipio: tra questi pure la Assenzo. Anche Nabil Maalouf era un sindaco, di Cabimas, anch’egli fermato nel 2024.

Giusto tre giorni fa la ong “Foro Penal” aveva aggiornato una lista di 815 prigionieri politici, nella quale peraltro compare anche Trentini. E la leader dell’opposizione María Corina Machado aveva denunciato che nove prigionieri politici nel carcere di Tocorón avevano cercato di suicidarsi. In effetti, e non può essere un caso, riguardo alle navi da guerra americane davanti al Venezuela, venerdì scorso Maduro in Assemblea Nazionale ha tenuto un discorso in cui ha citato il caudillo Cipriano Castro, quando nel 1902 di fronte a un blocco navale portato da Impero Britannico, Germania e Italia si era detto disposto a dimettersi e a liberare i detenuti politici: riferimento ambiguo, visto che in realtà Castro era stato poi destituito sei anni dopo. «I gringos sono già pronti e vanno alla tua caccia» è l'avvertimento che arriva a Maduro con una canzone diventata virale su You Tube, composta e eseguita dal cubano Michel La Leyenda su un ritmo sudamericano. La decisione di Trump di inviare le navi arriva peraltro dopo aver raddoppiato la taglia sullo stesso Maduro fino a 50 milionidi dollari edavergli sequestrato 700 milioni di asset. La motivazione ufficiale è il contrasto a gruppi narcoterroristi, ma la taglia su Maduro è appunto come capo di un Cartello dei Soli - dal simbolo degli alti ufficiali venezuelani - che impiegherebbe le forze armate di Caracas per spacciare droga. Stati Uniti a parte, anche Ecuador e Paraguay hanno appena classificato il Cartello dei Soli come gruppo narcoterrorista, la Guyana a sua volta accusa il Venezuela di inondare di droga il suo territorio, e anche i Paesi Bassi hanno messo a disposizione la base di Curaçao per l’operazione.

Dal canto suo, Maduro ha risposto anche annunciando la mobilitazione di quattro milioni e mezzo di miliziani, numero che però coincide con quello dei dipendenti pubblici. La loro capacità effettiva di combattimento è ritenuta nulla. E Russia e Cina che cosa ne dicono? Mario Silva, conduttore del programma “La Hojilla” e uno dei principali commentatori del regime venezuelano, in una trasmissione di martedì scorso ha ammesso di trovare «curiosa» la mancanza di dichiarazioni sul tema da parte di Mosca e Pechino. In effetti, sia Russia che Cina insistono sul concetto di “zone di influenza”: Putin rivendicando non solo annessioni ma anche diritto di veto su scelte di politica interna e internazionale dei Paesi indipendenti ex sovietici; Xi, dopo aver di fatto liquidato gli impegni di rispetto per il pluralismo che aveva assunto al momento della retrocessione di Hong Kong, insiste che si vuole riprendere Taiwan. E se davvero in Alaska si è discusso di una possibile nuova Jalta – cosa che a Trump è stata rimproverata – a questo punto il Venezuela spetterebbe alla sfera di influenza degli Usa, che avrebbero lo stesso diritto a bombardarlo che Putin rivendica sull’Ucraina. D’altro canto, il regime di Maduro fin dall’inizio ha sostenuto Mosca nell’attacco all’Ucraina. E alla fine sia da Pechino sia da Mosca, in ordine alla mobilitazione americaca davanti alle coste venezuelano. sono arrivate sì manifestazioni di appoggio a Caracas, ma di tono piuttosto generico e non impegnativo.

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