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Francia, ci mancava solo Moscovici premier

di Mauro Zanon lunedì 8 settembre 2025

3' di lettura

Oggi, alle 15, François Bayrou si presenterà all’Assemblea nazionale per il suo ultimo discorso da primo ministro francese. Non si è prodotto il miracolo che i suoi fedelissimi auspicavano in questi giorni: la maggioranza dei deputati dell’Assemblea nazionale staccherà la spina al suo governo dopo nemmeno nove mesi alla guida della Francia. Il leader dei centristi del MoDem, alleato del presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, fin da 2017, verrà sfiduciato sulla sua proposta di manovra finanziaria, un piano di risparmi da quasi 44 miliardi di euro, aprendo una nuova fase di incertezza politica e amplificando la crisi di regime in cui versa la Francia dall’inizio del secondo quinquennio macroniano.

Il capo dello Stato francese, che con Bayrou ha bruciato il quarto primo ministro in meno di due anni, vuole a tutti i costi evitare un nuovo scioglimento dell’Assemblea nazionale e ritornare alle urne, alla luce dei sondaggi che danno il Rassemblement national col vento in poppa. L’ultima rilevazione dell’istituto Toluna-Harris Interactive pubblicata ieri dal magazine Challenges dà infatti il partito lepenista al 33% delle intenzioni di voto in caso di elezioni legislative, più del doppio del cosiddetto “blocco centrale”, l’alleanza di partiti che sostiene Macron, Renaissance, MoDem e Horizons, che viaggia attorno al 15%. All’Eliseo, per ora, si naviga a vista. Secondo quanto riportato da Politico, l’unica certezza è che il presidente vuole nominare un nuovo premier entro il 18 settembre, data in cui i principali sindacati hanno organizzato proteste e manifestazioni in tutto il Paese contro la cura d’austerità di cui la Francia ha inevitabilmente bisogno dopo anni di spese pazze, conti in disordine e assenza di riforme strutturali. L’idea di Macron è quella di inviare un primo ministro a trattare con le organizzazioni sindacali per evitare di trovarsi in prima linea di fronte alla loro rabbia.

Ma chi oggi è pronto a sacrificarsi per lui? A fare da parafulmine a un presidente in caduta libera nei sondaggi di popolarità – solo il 15% dei francesi, secondo un sondaggio pubblicato nel weekend dal Figaro Magazine, ha ancora fiducia in Macron – che ha fatto esplodere il debito pubblico e aggravato la collera della Francia profonda, pronta a scendere in piazza a partire dal 10 settembre? Diversi profili vengono citati dalla stampa francese. Tra questi spicca il nome dell’attuale ministro dell’Economia, Éric Lombard: un supertecnico e banchiere che ha il “vantaggio” di venire dal Partito socialista, con cui Macron cerca una sponda per allargare la maggioranza relativa e galleggiare fino alla fine del secondo mandato, maggio 2027. Lombard, che è anche amico dell’ex presidente socialista François Hollande, potrebbe fungere da collegamento tra il blocco centrale e la sinistra: si oppone al ripristino della patrimoniale e alla sospensione della riforma delle pensioni che ha alzato l’età pensionabile a 64 anni, ma rimane aperto all’idea di una tassazione dei più ricchi. C’è un altro nome, tuttavia, che inizia a prendere quota per Matignon, un vecchio trombone della politica francese: Pierre Moscovici. Parcheggiato alla Corte dei conti dal 2020, Moscovici, da commissario europeo per gli Affari economici e monetari era un habitué delle lezioncine all’Italia. Nel 2018, disse che Parigi, a differenza di Roma, poteva sforare la regola del 3% di deficit/Pil, che l’Italia «era un problema per l’Europa», mentre la Francia un modello virtuoso (sic). Ma a Bercy, sede del ministero dell’Economia, se lo ricordano come uno dei peggiori ministri delle Finanze della storia della Quinta Repubblica, uno di quelli che ha ampiamente contribuito alla situazione attuale.

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emmanuel macron

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