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Charlie Kirk, l'astro nascente trumpiano mostrificato dalla sinistra

L’attivista assassinato è stato l’asso nella manica di Trump alle elezioni Seguitissimo sui social, aveva consentito a Donald di conquistare il voto degli atenei e di mobilitare la base repubblicana nei territori democratici
di Tommaso Montesano venerdì 12 settembre 2025

3' di lettura

Su Instagram è ancora “fissato” il post del 24 marzo. Charlie Kirk è seduto nella stessa posizione con la quale è morto mercoledì pomeriggio a Orem, nella Utah Valley University: una sedia, un microfono, uno striscione dietro le spalle. Di fronte a lui, un’attivista abortista. Dietro la ragazza, sugli spalti, una moltitudine di giovani che segue con partecipazione quello che è un vero e proprio match politico-ideologico. Oggetto dello scontro: l’aborto. Inizia la studentessa, tentata dall’interruzione volontaria della gravidanza così da poter continuare a studiare: «Sono incinta, dovrei portare in grembo un bambino e rovinare la mia vita da collegiale?». Replica Kirk: «Beh, non è per caso che sei incinta. Non è come avere il Covid. Non ti viene l’influenza. Ti assumi la responsabilità dei tuoi orgasmi e smetti di eliminare le persone più piccole dite». Ovazione da stadio.

In questo video c’è tutto Charlie Kirk. C’è la sua efficacia di oratore, c’è il gusto per lo scontro polemico, anche aspro, con chi non la pensava come lui sui temi che più caratterizzavano l’azione politica della sua Turning Point Usa, l’organizzazione conservatrice attiva fin dal 2012 nelle scuole e nei campus universitari Usa: i valori tradizionalmente repubblicani come «libertà», «libero mercato», «limite al governo», come recitano le “copertine” sui suoi profili social, ma anche l’anti-abortismo e la difesa della famiglia tradizionale (cui nel 2021 dedica il Turning Point Faith, per mobilitare l’elettorato religioso). Social, valori repubblicani, giovani. È sufficiente questo per valutare il peso di Kirk nell’ultimo decennio della politica americana, quello segnato dall’ascesa di Donald Trump. Classe 1993, nato ad Arlington Heights, in quell’Illinois che vota democratico dal 1992, Charlie lascia una moglie, Erika, e due figli di tre e un anno. Sette anni dopo la fondazione di Turning Point, arriva il Turning Point Action, il braccio più organizzativo della sua missione politica: Kirk favorisce la registrazione degli elettori e aiuta nell’individuazione dei candidati. In una formula: «Dà la caccia ai voti», contribuendo in maniera significativa alla mobilitazione della base repubblicana grazie alla quale Trump vince due elezioni - 2016 e 2024 - e ne perde una, nel 2020, che la galassia Make America Great Again e lo stesso Trump non hanno mai riconosciuto.

Kirk ha un merito: aiuta la penetrazione del trumpismo nei luoghi fino a quel momento ostili ai conservatori. Ovvero le scuole e i campus universitari, da sempre un feudo dell’Asinello democratico. Essere conservatori lì, anche negli anni delle altre storiche vittorie dell’Elefante repubblicano (come quelle di George W.Bush, ad esempio), non è mai stato cool. Il vento cambia con Kirk, che aiuta Trump a far breccia tra i giovani. Un dato (della Cnn) su tutti: nel 2024, nella sfida con Kamala Harris, il tycoon ha ottenuto il 65% dei voti da parte degli uomini che hanno votato per la prima volta. Quattro anni prima, nelle contestate elezioni del 2020, era stato Joe Biden ad accaparrarsi il 60% dei consensi delle “matricole” elettorali.

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Un’inversione di tendenza per la quale è stato lo stesso Trump, dopo la vittoria, a ringraziare Charlie: «Ho vinto tra i giovani. Nessun repubblicano ha mai vinto. Charlie Kirk vi dirà che Tik Tok mi ha aiutato, ma Charlie Kirk mi ha aiutato». Endorsement che vale l’investitura di stella nascente del trumpismo. Dopo aver abbandonato gli studi universitari per dedicarsi all’attività politica, Kirk ha raggiunto numeri da record sui social: 9,1 milioni di follower su Instagram, 5,6 milioni su X, 3,5 milioni su Tik Tok. Sempre su Tik Tok, il suo Charlie Kirk Show, programma radiofonico, vanta 8,3 milioni di seguaci. I ritratti dei media tradizionali, in modo rozzo, grossolano e semplicistico, hanno bollato Kirk come sostenitore del «negazionismo climatico», della «propaganda anti-Covid» e «complottista novax». Per rispondergli, è sufficiente osservare che i suoi amici in queste ore lo stanno ricordando come l’ispiratore del Make America Talk Again. La stella polare di Kirk, come sottolineato dallo stesso Trump e dal vicepresidente J.D. Vance, è stata quella del “free speech” compresso durante i quattro anni di presidenza Biden su tutti i temi più scottanti (ecologia, Covid, Lgbt, movimento “Black Lives Matter”). Non esistono verità precostituite e intoccabili: esiste il diritto a dibattere, a dire la propria opinione sempre. Anche nei contesti più ostili. Su X, l’attrice Patricia Heaton ha ricordato Kirk con queste parole: «Se vuoi onorare Charlie, non ricorrere alla violenza come fanno i democratici e la sinistra. Usa la tua voce. Parla».

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