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Flotilla, tutto quello che non torna nei conti

di Antonio Castro lunedì 15 settembre 2025

4' di lettura

O “Bella ciao” echeggia come il saluto marinaro “buon vento e buon mare” sulla piccola banchina del porto turistico di Capo Passero, ultimo lembo della Sicilia orientale. La colonna sonora che accompagna l’iniziativa (prima a Genova, poi a Catania, poi a Augusta ieri infine a Capo Passero) è sempre la stessa. L’intento degli organizzatori della Global Samud Flotilla è di portare le oltre 300 tonnellate di derrate alimentare e prodotti sanitari alla popolazione della striscia di Gaza. Beni di prima necessità raccolti in Italia con il passaparola e stivati nelle imbarcazioni provenienti da Genova.

Il problema è che della ventilata trasparenza sui finanziamenti dell’encomiabile iniziative umanitaria non c’è traccia. A fine agosto gli organizzatori raccontarono che le barche erano state acquistate sul «mercato dell’usato». Nel dettaglio, riporta il Post del 31 agosto, «spulciando tra i siti specializzati e attraverso il passaparola», racconta Luca Poggi. responsabile logistica della Flotilla. Sono state pagate in media tra i 30mila e i 50mila euro ciascuna, prezzi che gli organizzatori considerano favorevoli.

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«Molti venditori, quando hanno saputo che ci servivano per portare gli aiuti alla popolazione di Gaza, ci hanno fatto pagare meno di quello che chiedevano all’inizio, chiedendo di essere coinvolti nell’iniziativa», aggiunge Poggi. Facendo i conti (in media 40mila euro a natante) solo per allestire la flottiglia italiana se ne sarebbero andati 720mila euro. Poco? Tanto? Non essendo uomini di mare abbiamo chiesto il parere di un esperto di navigazione da diporto - tenendo ovviamente conto dei parametri indicati dagli organizzatori: 12, 15 metri di lunghezza (cinquanta piedi circa)- la risposta è stata: «Con questa cifra non compri niente. Una barca di quelle dimensioni, in buono stato, costerebbe a dir poco almeno tra i 100mila e i 150mila euro», spiega a Libero il nostro marinaio di lungo corso, A.Z, che da una trentina d’anni batte le rotte del Mediterraneo.

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Premessa indispensabile: il comandante che ci ha aiutato a fare di conto tiene a sottolineare che «il lato positivo della missione» ha riportato l’attenzione sulle «sofferenze della popolazione di Gaza». Ricordando però, cosa che gli organizzatori della Flotilla evitano di fare, che i gazawi subiscono «da tempo massacri inconcepibili dovuti soprattutto alle attività terroristiche di Hamas». Ma il Direttivo della Flotilla non cita mai Hamas. Così come è un tantino vago sui costi della missione, sui finanziamenti effettivamente incassati (oltre ai 3.209.212 euro raccolti con la sottoscrizione lanciata sul sito chuffed che però segnala “donazioni chiuse”).

Adesso chele 17 imbarcazioni organizzate dal Comitato direttivo italiano (c’è anche un comitato “Global” che si è occupato di gestire l’organizzazione da Spagna, Grecia e Tunisia), sono pronte ad affrontare il mare aperto, c’è qualcosa che potrebbero dire ai “cattivi” giornalisti. Per chi non è pratico di barche è bene segnalare che su un natante a vela da 50 piedi viaggiano comode 6/8 persone. Metterne a bordo una decina, come hanno annunciato, vuol dire stiparle.

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Pur limitando al minimo l’equipaggiamento e il bagaglio c’è da considerare la suddivisione per ciascuna imbarcazione di una parte delle 300 tonnellate di aiuti. Forse le barche a motore più grandi in stiva possono offrire una maggiore capienza però bisogna considerare anche l’acqua potabile, le scorte alimentari per dare da mangiare ai 600 attivisti a bordo e il carburante per garantirsi la navigazione.

Facciamo due conti grazie all’esperienza del nostro capitano: «Se le barche a vela e a motori viaggiano ad una velocità di crociere di circa 6 nodi, per coprire il tragitto Augusta-Gaza occorrono circa 10 giorni di navigazione». Considerando che la velocità media dichiarata dai portavoce sarà di 4 nodi l’ora «per restare tutti compatti» l’arrivo a largo delle acque battute dalla marina israeliana che pattuglia a largo Gaza dovrebbe verificarsi intorno al 23/25 settembre. Puntando sulla navigazione a vela resta l’incognita del vento.

«Con un pieno di carburante», spiega A. Z., «si percorrono circa 300 miglia nautiche per cui per l’intero percorso di 1.200 miglia occorrono almeno 4 pieni all’andata e 4 al ritorno». Bisognerà vedere quale “nave serbatoio” farà il pieno alle piccole barche a vela che anche per questioni di sicurezza non possono imbarcare enormi quantità di carburante. Fatti due conti prudenziali per movimentare la Flotilla serviranno 80mila litri di carburante. A spanne circa 1,5 milioni di euro. Per dar da mangiare, per 25 giorni, a 600 persone servono altri 600mila euro. O magari contano - una volta intercettati dalla marina dell’Idf - nei panini offerti anche a Greta Thunberg a inizio giugno. L’attivista svedese, imbarcata a giugno sulla Madlen, era stata fermata ed espulsa da Israele con l’impegno a «non tentare di entrare illegalmente in Israele per 100 anni». Ora che Greta tornerà alla carica, tentando di violare il blocco, bisognerà vedere cosa decideranno i giudici israeliani.

Adagio adagio i vari natanti (un paio di rimorchiatori riconvertiti, molte barche a vela e qualche natante a motore) si dovranno ricongiungere con le barche fino a ieri alla fonda nei porti della Tunisia. Poi sarà ora di fare rotta in un posto imprecisato del Mediterraneo per intercettare i 7 battelli provenienti dalla Grecia. Sarebbe interessante conoscere quanto sia costata la missione. Le barche (la stima è di 7,5 milioni complessivi per natanti sicuri), spese di allestimento (sono state tutte cablate e dotate di telecamere e connessione con Starlink), costo del carburante e dei viveri per sfamare i 600 attivisti. Magari pure i costi di assicurazione. Ma forse, contando sul sequestro israeliano dei mezzi, le polizze non sono state neppure prese in considerazione. Per chi volesse seguire la navigazione: https://flotilla-orpin.vercel.app. 

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