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Con i Mamdani la Grande Mela si guasta

Il neosindaco di New York oltraggiava la memoria di Colombo. E la moglie disegnava maledizioni contro gli ebrei
di Matteo Legnani domenica 9 novembre 2025

3' di lettura

New York coi suoi nove milioni e passa di abitanti non è Hamtramck, in Michigan, che di residenti ne fa trentamila, e nemmeno Dearborn, sempre in Michigan, che ne fa poco più di centomila. Però, quanto accaduto in quei due angoli del Midwest avrebbe dovuto meglio consigliare e dovrebbe quanto meno ora mettere sul chi vive i newyorchesi che martedì scorso hanno votato per Zohran Mamdani, socialista e musulmano, incoronandolo sindaco di New York. Le due città-sobborgo di Detroit sono governate da anni da sindaci di fede islamica: lo yemenita Ahmer Ghalib e l’americano di origini libanesi Abdullah Hammoud (riconfermato a Dearborn dal voto dello scorso 4 novembre).

ELETTORI DELUSI
Due anni fa, Ahmer Ghalib è finito sulle pagine di molti giornali americani ed esteri (compreso l'italiano La Repubblica) per aver vietato nella sua città l'esposizione delle bandiere arcobaleno nel corso del mese di giugno, quello del Pride, facendo insorgere i rappresentanti locali della comunità Lgbtq che si sono visti traditi dall'uomo che loro stessi avevano contribuito a far diventare sindaco. «Lo abbiamo votato e adesso i nostri diritti sono in pericolo», hanno piagnucolato di fronte all’irremovibile divieto del primo cittadino, provando sulla loro pelle liberal come un musulmano sia quanto di più lontano dai valori liberal sulla faccia della terra. Anche peggio ha fatto il suo collega Hammoud quando nel settembre 2024 è intervenuto a un raduno di protesta contro gli attacchi di Israele in Libano in cui si sono urlate lodi a Hassan Nasrallah, allora numero uno dell’organizzazione terroristica filo-iraniana Hezbollah e testimoni non musulmani hanno udito distintamente incitare alla «morte dell’America» (per il sostegno dato agli israeliani). Lo stesso sindaco di Dearborn è finito recentemente sulle pagine dei principali giornali americani perché, durante un consiglio comunale che intendeva cambiare nome a una strada della città dedicandola a un predicatore filo-Hezbollah, ha replicato a un cittadino che in aula esprimeva le sue perplessità dicendogli che quella non era più «la sua città» e che «noi (intendendo i musulmani come lui, ndr) festeggeremo per le strade quanto voi ve ne andrete da questo posto».

La negazione o il non riconoscimento dell’identità altrui è un tratto distintivo dei musulmani. E il neo eletto sindaco di New York Mamdani non pare esserne immune, stando a un post su X da lui pubblicato nell'estate 2020. Si era negli anni in cui liberal e dem ce l’avevano con Cristoforo Colombo, ritenendolo colpevole di crimini contro le popolazioni native incontrate dopo lo sbarco su quel lato dell'Oceano e per questo sentendosi alla parte del giusto nel procedere all’abbattimento delle statue dell’esploratore italiano. Tra costoro c’era anche Mamdani, che su X postò la foto del proprio dito medio rivolto a una statua di Colombo ad Astoria, nel Queen's, accompagnando il tutto con il messaggio «take it down», tiratela giù. La foto, riportata alla luce nel luglio scorso, dopo che a sorpresa Zohran vinse le primarie democratiche stracciando Andrew Cuomo, fece imbestialire i rappresentanti della comunità italiana newyorchese: «Se offendi una comunità, offendi tutte le comunità», disse il presidente della Columbus Heritage Coalition, Angelo Vivolo, aggiungendo: «Non penso che lui sarà capace di essere il sindaco di tutti i newyorchesi».

Di poco aiuto potrà essergli, in questo senso, la moglie Rama Duwaji. Pomposamente definita “artista” ma in realtà una vignettista, la 28enne nata in Texas da una famiglia di esuli siriani musulmani ha palesato la sua fede pro-Pal nel 2023 quando, poche settimane dopo l’attacco perpetrato dai terroristi di Hamas contro Israele, disegnò una “striscia” per il Washington Post in cui raccontò con alcuni fumetti la vicenda di una ragazza palestinese rimasta intrappolata sotto le macerie del suo palazzo dopo un bombardamento compiuto dagli israeliani su Gaza. Nella penultima vignetta, la First Lady newyorchese accompagna il disegno della donna stesa su una barella alle parole «le ferite e le cicatrici sui nostri corpi serviranno a ricordarci di maledire l’occupazione ogni qual volta dovessimo scordarcene». Tradotto: maledire gli israeliani. Che detto dalla moglie del sindaco di una città in cui vive più di un milione e mezzo di ebrei suona alquanto minaccioso.

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