A un anno dalla sua elezione, avvenuta il 4 novembre 2024, il presidente Donald Trump può già vantare un mandato dal carattere storico. Nei suoi primi cento giorni ha emesso un numero record di 143 ordini esecutivi, superando quota 200 entro agosto. Queste direttive — in materia di commercio, immigrazione, relazioni estere e regolamentazione — hanno inaugurato una trasformazione rapida e profonda della governance americana, riflettendo l’approccio massimalista di Trump al processo decisionale. Questo ritmo vertiginoso ha prodotto alcune vittorie significative, in particolare nei campi della riforma fiscale e della regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Il principale risultato dell’inizio del secondo mandato del Presidente Trump è stata l’approvazione della One Big Beautiful Bill Act (OBBBA), firmata il 4 di Luglio. La riforma ha reso permanenti le misure fiscali introdotte con il Tax Cuts and Jobs Act (TCJA) del 2017.
La riforma del 2017 è stata la più importante riforma fiscale degli ultimi decenni: riduzione dell’aliquota massima sul reddito, taglio dell’imposta societaria dal 35% al 21%, semplificazione del sistema fiscale, sostegno alle famiglie con il raddoppio del credito d’imposta per i figli ed eliminazione della penalità dell’Obamacare. Queste misure hanno avuto un impatto immediato sulla crescita economica e sull’occupazione. Dopo il TCJA, l’economia ha superato le previsioni, con il PIL passato dal 2,4% nel 2017 al 2,9% nel 2018, e la disoccupazione scesa al 3,5%, il livello più basso degli ultimi cinquant’anni. La possibilità per le imprese di ammortizzare subito gli investimenti ha favorito nuova capacità produttiva e assunzioni. Una riforma che portò il World Economic Forum a dichiarare, nel 2018, gli Stati Uniti, il paese più competitivo al mondo. Con l’OBBBA, il Presidente Trump ha confermato e stabilizzato questa strategia economica, garantendo un quadro fiscale stabile per famiglie e imprese, riducendo la burocrazia e incentivando gli investimenti produttivi sul territorio americano.
Una delle novità più importanti dell’OBBBA è l’eliminazione di ogni tipo di tassazione sulle mance e sugli straordinari. Questa piccola rivoluzione fiscale beneficerà positivamente, secondo una nostra analisi, ben 19 milioni di americani che declinato in termini demografici riguarderà la maggioranza dei latinos, asiatici e afroamericani ovvero quei segmenti lavorativi maggiormente coinvolti, per esempio nei settori: della ristorazione, del car-sharing (i cosidetti uberdriver). Una riforma che contribuirà sicuramente a rafforzare il trend elettorale verso il partito repubblicano di latinos, asiatici e afroamericani che ha contribuito alla vittoria di Trump nel 2024. Le proiezioni indicano un possibile aumento del PIL dell’1% annuo, la creazione di un milione di nuovi posti di lavoro e una crescita media dei salari dello 0,4% annuo. Mentre con la sua “10-to-1 Deregulation Initiative”, il Presidente Trump ha imposto che per ogni nuova regolamentazione introdotta ne vengano eliminate dieci. Nei primi sei mesi si stima che abbia ottenuto risparmi complessivi sui costi regolatori pari a 86 miliardi di dollari e sbloccato 2,6 trilioni di dollari in nuovi prestiti grazie alla deregulation finanziaria. Mentre ha rilanciato gli investimenti interni: attraverso la collaborazione con il settore privato. L’amministrazione ha assicurato oltre 5 trilioni di dollari in nuovi investimenti negli Stati Uniti nei primi 100 giorni, generando circa 451.000 nuovi posti di lavoro. Parallelamente, con l’“AI Action Plan” l’amministrazione dimostra una chiara visione strategica, promuovendo la costruzione di infrastrutture AI e la deregolamentazione del settore tecnologico per mantenere la leadership statunitense nel campo dell’innovazione. Con l’Ordine Esecutivo 14179, “Removing Barriers to American Leadership in Artificial Intelligence”, Trump ha eliminato regolamentazioni considerate d’intralcio allo sviluppo dell’IA. Il piano definisce 90 misure politiche per raggiungere tre obiettivi: accelerare l’innovazione, potenziare le infrastrutture, integrare l’IA nella diplomazia e nella sicurezza. Queste iniziative, unite ai programmi di formazione e alla costruzione di data center e fabbriche di semiconduttori, dovrebbero aumentare il PIL dello 0,4% annuo. Il settore tecnologico guida questa tendenza: Oracle e OpenAI hanno annunciato un investimento di 500 miliardi di dollari nelle infrastrutture per l’intelligenza artificiale, mentre Apple, Nvidia, IBM e TSMC hanno impegnato complessivamente 1,25 trilioni per la produzione domestica.
Questi investimenti rafforzano la produttività americana e l’innovazione nelle tecnologie emergenti. Se la riforma fiscale ha generato benefici tangibili, l’approccio commerciale di Trump si è rivelato molto più controverso o per lo meno non proprio consono ad un approccio liberale. La pressione esercitata attraverso dazi reciproci ha portato alla firma di diversi accordi (e/o tregue) commerciali favorevoli agli Stati Uniti (in particolare con Corea del Sud, Giappone, Cina, Regno Unito, Unione Europea, Thailandia, Vietnam e Indonesia), ma al tempo stesso ha generato costi economici crescenti per consumatori e imprese dal momento che i dazi sono comunque tasse sui cittadini americani. Il 2 aprile 2025, conosciuto come il “Liberation Day Tariffs” gli Stati Uniti hanno avviato il più radicale cambio di politica commerciale dagli anni ’30, con tariffe universali giustificate come emergenza nazionale. Una politica commerciale mossa non solo dalla volontà di ridurre se non eliminare i deficit commerciali con paesi come la Cina e l’Unione Europea ma anche dalla volontà di ridisegnare le linee guida di una nuova globalizzazione di contenimento verso la Cina e il globalismo elitario. Tuttavia, con l’intenzione annunciata da Trump di fissare un tasso tariffario minimo globale del 15% e con molti accordi soggetti a clausole di revisione, il futuro delle relazioni commerciali statunitensi resta incerto. Tanto che indicatori come l’Indice internazionale delle barriere commerciali posizionano gli Stati Uniti al 61 posto su 122 paesi analizzati sottolineando un risultato critico per una grande economia come quella Americana. Le tariffe possono dare un segnale politico forte (protezione della manifattura, “America First”), ma dal punto di vista economico generano costi netti per l’economia: minore crescita, salari più bassi, consumatori penalizzati. Mentre la Federal Reserve prevedeva un’inflazione annualizzata del 2,7% per la fine del 2025, i dati di agosto hanno mostrato un incremento al 2,9%, e le proiezioni più recenti stimano un’inflazione del 3,3% entro dicembre, mentre la disoccupazione in agosto è salita al 4.3 %. Dati economici che hanno contributo a raffreddare l’appoggio dell’elettorato “indipendente” con solo il 45% favorevole all’Amministrazione la dove l’85% dei repubblicani continuano ad appoggiano le politiche di Trump. Di fatto l’attuale politica commerciale, attualmente sotto revisioni da parte della Corte Suprema, sta erodendo il potenziale economico della recente riforma fiscale del 2025 determinante nel definire il risultato delle prossime elezioni di medio termine. A questo si è aggiunta una crescente polarizzazione politica, che ha portato al più lungo shutdown governativo nella storia degli Stati Uniti iniziato il primo di ottobre e conclusosi il 12 di novembre. Le perdite stimate ammontano a 14 miliardi di dollari in mancati guadagni e a una riduzione del PIL del 2% nel quarto trimestre del 2025. Una parte dell’elettorato ha reagito: le recenti elezioni hanno segnato un chiaro spostamento verso i Democratici. Abigail Spanberger ha conquistato la carica di governatrice della Virginia con il 57,1% dei voti, mentre Mikie Sherrill ha vinto in New Jersey con il 56,4%. A New York City, infine, l’autoproclamato socialista democratico Zohran Mamdani è stato eletto sindaco, confermando l’ulteriore spostamento a sinistra delle grandi roccaforti urbane. I risultati elettorali rappresentano, una “wake up call” per le prossime elezioni di medio termine, e al tempo stesso inviano un messaggio inequivocabile: gli americani chiedono crescita economica, meno protezionismo e soprattutto una drastica riduzione dell’inflazione e il conseguente calo dei prezzi al consumo.
*Vicepresidente (affari internazionali) Americans for Tax Reform.