C’è un aspetto curioso nelle polemiche di questi giorni fra Stati Uniti e Unione europea. Negli ultimi mesi Mario Draghi è intervenuto diverse volte per demolire le disastrose politiche della UE che ci hanno portato al collasso industriale e al declino economico che ha impoverito i nostri popoli (politiche che, a suo tempo, Draghi stesso ha condiviso e di cui, anzi, è stato protagonista, ma questo passa in cavalleria). Qual è stata la reazione dei giornali conformisti e dell’establishment europeista davanti alle sue cannonate? Tutti in estasi. Applausi scroscianti, elogi, monumenti a cavallo al grande banchiere. Ora la Casa Bianca ha appena pubblicato il documento che delinea la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, mettendo a fuoco lo stesso declino europeo, e come viene accolto? Fischi, grida scandalizzate e proteste. Nessuna riflessione seria e approfondita. Qual è la differenza fra le analisi di Draghi e quelle americane? Entrambi constatano il fallimento della UE, ma i rimedi indicati sono opposti.
Inoltre il documento americano – che ha un orizzonte planetario – sull’Europa focalizza temi vitali che Draghi ha ignorato come il deficit democratico della Ue, le sue politiche dirigiste e illiberali, le conseguenze di un’immigrazione di massa che stravolge le nazioni europee e produce conflitti, l’erosione della sovranità dei singoli Stati, le politiche suicide come il Green deal, la debolezza di Stati con governi di minoranza, la mancanza di realismo nell’affrontare la guerra in Ucraina che è un dissanguamento di vite umane e di capitali. Dunque sarebbe stato giusto discuterne. Confrontare i due approcci critici: quello americano e quello draghiano. Invece niente. Solo applausi per Draghi e solo fulmini, anatemi, derisioni contro la Casa Bianca. Possibile che nessuno voglia riflettere, valutare? Pretendiamo che gli Stati Uniti continuino a garantirci la loro alleanza e la protezione militare e poi sappiamo solo alimentare l’antiamericanismo più superficiale e fanatico? Fra l’altro nella Ue si è avversato Trump già durante la campagna presidenziale e oggi lo si demonizza e si boicotta pure la politica di pacificazione che la Casa Bianca persegue fra Ucraina e Russia, qui in Europa, quindi anzitutto nel nostro interesse.
Com’è possibile tenere in piedi anche un’istituzione di difesa militare come la Nato senza condividere anche la visione culturale e politica? Tutti dimenticano che il cammino unitario dei Paesi dell’Europa occidentale è venuto da una decisione americana, dopo il piano Marshall (il cui nome ufficiale fu European Recovery Program), perché l’Europa occidentale, difesa dalla Nato, fosse sostenuta anche dalla cooperazione economica (come, oltrecortina, il Comecon era l’altra faccia del Patto di Varsavia). La questione di fondo ha un nome: “Occidente”. Nella Ue, con l’unica eccezione di Giorgia Meloni, nessuno vuole capirlo. Anzi, alimentano il mito di una UE che si contrappone agli Usa (e magari si appoggia alla Cina?). Giustamente Christopher Landau, vicesegretario di Stato americano, nei giorni scorsi ha scritto: «Il mio recente viaggio a Bruxelles per la riunione dei ministri della Nato mi ha lasciato un’impressione dominante: gli Stati Uniti non hanno affrontato a lungo la palese incoerenza tra i loro rapporti con la Nato e quelli con la Ue. Si tratta quasi sempre degli stessi Paesi in entrambe le organizzazioni. Quando questi Paesi indossano i panni della Nato, insistono sul fatto che la cooperazione transatlantica sia il fondamento della nostra sicurezza reciproca. Ma quando questi Paesi indossano i panni della Ue, perseguono ogni sorta di programma che è spesso totalmente contrario agli interessi e alla sicurezza degli Stati Uniti, tra cui censura, suicidio economico/fanatismo climatico, frontiere aperte, disprezzo per la sovranità nazionale/promozione di governance e tassazione multilaterali, sostegno a Cuba comunista ecc ecc».
Ecco la sua conclusione: «Questa incoerenza non può continuare. O le grandi nazioni europee sono nostre partner nella protezione della civiltà occidentale che abbiamo ereditato da loro, oppure non lo sono. Ma non possiamo fingere di esserlo mentre quelle nazioni permettono alla burocrazia non eletta, antidemocratica e non rappresentativa della Ue a Bruxelles di perseguire politiche di suicidio di civiltà». Perché le riflessioni critiche di Draghi vengono ascoltate e applaudite, mentre quelle americane sono viste come la peste? Il motivo è chiaro: è una questione di potere. Perché l’obiettivo di Draghi è la sopravvivenza dell’establishment di Bruxelles addirittura aumentando l’accentramento e i poteri della Ue, nonostante i disastri che sono stati fatti. Mentre gli americani bocciano questa classe dirigente e le sue scelte, non solo constatando i risultati economici e politici fallimentari, ma anche contestando l’erosione della democrazia e della sovranità degli Stati. Sollevano dunque problemi strategici relativi alla cooperazione con gli Usa e - dicono a Washington - domande sull’identità dell’Europa. Sono allarmati per la fine (annunciata) della civiltà europea.