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Giornalisti: Ossigeno, 5.000 procedimenti penali l'anno, 90% querele infondate (2)

di AdnKronos domenica 16 dicembre 2018

2' di lettura

(AdnKronos) - Per Ossigeno "fa riflettere il fatto che soltanto un’azione giudiziaria su sette si risolve con la condanna del giornalista accusato. La montagna partorisce un topolino, ma un topolino con denti aguzzi: ogni anno 475 dei 5902 pronunciamenti penali trattati si concludono con condanne, delle quali 320 al pagamento di multe e 155 a pene detentive che nella quasi totalità dei casi non superano un anno di reclusione, ma sommando le singole condanne si arriva ad oltre cento anni di carcere l’anno". “Il fatto che soltanto una percentuale esigua di denunce sia convalidata da una sentenza di colpevolezza significa che moltissime querele contengono accuse infondate e pretestuose. – spiega il direttore di Ossigeno Alberto Spampinato - Molte querele e molte citazioni per danni da diffamazione a mezzo stampa sono presentate per ragioni che non hanno niente a che fare con la tutela della reputazione personale. Sono abusi del diritto che fanno girare a vuoto la macchina della giustizia, che trasformano uno strumento concepito per fini di giustizia in un’arma di intimidazione, in un bavaglio per i giornali e i giornalisti. Per fortuna moltissime querele sono fermate in fase preliminare, ma si impiega troppo tempo per bloccare procedimenti che dovrebbero essere fermate sul nascere”. Il 70% delle querele viene archiviato dal GIP, ma in media dopo due anni e mezzo, durante i quali anche per queste il giornalista rimane imputato, deve nominare un difensore e deve pagarlo. Dai pronunciamenti dei giudici emerge che oltre i due terzi dei procedimenti è sostanzialmente infondato. Per i tre procedimenti su dieci che superano lo sbarramento del GIP, nel biennio 2014-2015 i Tribunali hanno deciso così: 26,4% Assoluzione; 32,4% Non luogo a procedere; 5,2% Prescrizione del reato; 20,4% Condanna a multa; 9,4% Condanna a reclusione; 6,2 % Altro. Questa mole di dati illustra che c’è un abisso fra la necessità di consentire alle persone di difendere la loro onorabilità e l’utilizzo distorto che si fa di questo diritto per determinare quel “chilling effect”, l’effetto raggelante sui giornali e sui giornalisti, di cui parlano le istituzioni internazionali: quell’effetto che, per il timore di querele e di condanne, anche a pene detentive, spinge ad autocensurarsi.

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