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Vittorio Feltri: se una donna vuole guadagnare di più, lavori anche di più

di Andrea Tempestini domenica 21 gennaio 2018

3' di lettura

Anche l’Onu, oltre a vari enti minori, afferma che le donne in genere guadagnano il 20 per cento in meno degli uomini. Il dato, che penso sia esatto, scatena polemiche feroci perché dimostrerebbe che le pari opportunità sono ancora lontane da raggiungersi. In effetti, su scala mondiale, le differenze retributive tra generi sono notevoli. Ovvio, il pianeta non è socialmente omogeneo. I Paesi non sono tutti uguali e non ci vuole molto a capirlo. Leggi anche: Vittorio Feltri, dopo la "maialata" una lezione a Gene Gnocchi A noi interessa l’Italia e vediamo di esaminare ciò che vi succede. Vari osservatori si indignano poiché, su base statistica, le signore incassano assai meno, pur facendo lo stesso lavoro dei signori. Perché? Non esistono discriminazioni sessuali. I contratti in vigore, per ogni categoria di dipendenti, sono identici per lui e per lei. Un esempio. Un redattore di giornale o una redattrice ricevono lo stesso compenso mensile. Quindi è falso sostenere che gli uomini siano privilegiati. Purtroppo però succede che le ragazze, a un certo punto della vita, si sposino e mettano al mondo dei figli, pertanto rimangano a casa in maternità. D’altronde le mamme sono loro e non possono delegare i mariti o i compagni a partorire. Cosicché per un anno o due esse si assentano dall’azienda e automaticamente la loro retribuzione scende ai livelli più bassi: non percepiscono più straordinari festivi e notturni. Lo stipendio complessivo cala appunto del 20-25 per cento. Alla fine del percorso professionale, fatalmente, risulterà che i quattrini percepiti dal marito sono stati superiori a quelli della moglie. Che si può fare onde rimediare a questo gap? Nulla. Bisognerebbe dotare gli uomini di utero e le donne di pene, cosa assai difficoltosa per non dire impossibile. Per ciò è assurdo asserire che le signore guadagnano meno, semmai lavorano meno ed è normale che abbiano una busta paga più magra. Le prestazioni in fabbrica o in ufficio si retribuiscono in base alla qualità e alla quantità, come è giusto che sia. Non esiste soluzione per una parificazione degli emolumenti, e non è il caso di gridare allo scandalo se le mamme sono penalizzate rispetto ai papà. La natura non è democratica, lo vogliamo capire oppure no? Le donne che pretendono di avere lo stesso stipendio degli uomini hanno una sola via di uscita: evitino di sposarsi e di diventare madri ad ogni costo, rifiutando i “suggerimenti” del cosiddetto orologio biologico che le convince a riprodursi. Qualcuno, di sinistra e di destra (i coglioni sono una categoria trasversale), afferma che le casalinghe (razza in estinzione) meritino un assegno sborsato dallo Stato di almeno 1000 euro mensili, allo scopo di equiparare i redditi maschili e femminili. A me sembra una boiata pazzesca. Come lo è l’assegno di inclusione o di cittadinanza per coloro che si grattano il ventre. Infatti non è scritto da nessuna parte che chi non abbia una occupazione vera debba essere assistito, allo stesso modo non si capisce per quale motivo una matrona che sforna bambini abbia diritto a riscuotere denaro pubblico. Cioè nostro. Certo, sgobbare tra le mura domestiche costa fatica, ma è una scelta personale e non una costrizione divina. Io per esempio sono, almeno mi pare, un maschio e zappo l’orto per ricavarne frutta e verdura. Chi mi paga? Nessuno. Inoltre cucino quando non sono impegnato in redazione. Esigo forse dei soldi statali? Basta con gli oboli a chiunque non presti una opera lavorativa autentica. Badare alle faccende di casa è un dovere personale. Famigliare. Non può essere remunerato, va svolto gratis giacché hai scelto tu di fare il padre o la madre di famiglia. di Vittorio Feltri

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