Se siete fra quelli che cadono preda di convulsioni al suono dell’espressione «fair play», il vostro paladino è Kevin Grosskreutz. Un rutto in faccia al bon ton del pallone. Il buon Kevin, rude difensore in forza alla nazionale tedesca e al Borussia Dortmund, non ha la benché minima idea di cosa sia il rispetto per l’avversario. Anzi, per il genere umano in sé. Per via delle tante intemperanze, la sua convocazione a Brasile 2014 è stata in bilico fino all’ultimo. Nel solo mese di maggio, ha commesso un mucchio di bestialità che un Balotelli strafatto di Tavernello non riuscirebbe neppure a pensare. Dopo una partita di campionato, Grosskreutz ha deciso di trascorrere una serata a Colonia col compagno di squadra Schieber. Due passi lungo il Reno e un kebab appena fatto. L’idilliaca scena s’interrompe quando i due incontrano un gruppo di ragazzi del posto. Uno di questi avrebbe esclamato: «Kevin Grosskreutz!». E dieci minuti dopo è arrivata la polizei. È successo che il difensore, quando il tifoso l’ha riconosciuto, gli ha tirato il kebab addosso. All’istante. Agli agenti che lo hanno interrogato ha spiegato: «Mi è sembrato che volessero offendermi». S’è trattato di lancio di cibo etnico preventivo: geniale. Passano meno di quindici giorni e in quel di Berlino il Borussia si gioca la finale di Coppa di Germania col Bayern. Vicono i bavaresi 2-0 e sul primo gol (Robben) Grosskreutz fa una mezza cappellata. Il grande spirito sportivo del centrale giallonero lo porterà, poche ore dopo, a pisciare nel bel mezzo della hall dello storico Hotel Berlin. Non prima, però, di aver preso a male parole una receptionist e quasi a schiaffi un altro cliente. E 10 minuti dopo è arrivata la polizei. La Federcalcio tedesca ha piazzato sul groppone del giovanotto un multone da 60mila euro e lo ha minacciato di estrometterlo dalla rosa per i Mondiali. Dopodiché, siccome il codice etico è carta straccia in tutto il mondo civilizzato, quell’animale di Grosskreutz ha fatto le valigie per Rio. di Fabio Corti