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Mondiali, perché tifare Colombia: talento e balli, vince con il sorriso

di Giulio Bucchi domenica 6 luglio 2014

2' di lettura

La rapidità di gambe dell’imprendibile Cuadrado, certo. E poi il delicato e morbido piede vellutato di James Rodriguez, ovvio, e la strabordante forza fisica dello statuario Yepes, niente da dire. Da applausi, clap clap. Ma - non prendiamoci troppo per il lato B - a farci innamorare della Colombia, della meravigliosa Colombia che vince e diverte, regala felicità e appaga la vista, sono le curve. Quelle (mica avrete pensato agli ultrà e al tifo organizzato, vero?) morbide e generose di tutte le esuberanti, sensuali e avvolgenti pupe giallorossoblu che - visi tondeggianti, bikini audaci, tatuaggi intimi e poppe a un passo, boooom, dalla deflagrazione - hanno già vinto di goleada il Mondiale della gnocca. Umiliando, e scusate se è poco, le favoritissime e tanto rinomate padrone di casa: le ballerine della torcida brasiliana. Forza Colombia, allora, che comunque vada ci dai soddisfazione e non ci annoi. Che ti fai guardare. Che ti fai ammirare. Perché la squadra, in campo, ha esattamente la stessa vivacità delle tifose fuori. È imprevedibile. D’altronde i calciatori colombiani - storicamente - sono mezzi matti e come non ricordare, tanto per dirne tre a caso, Higuita e il colpo dello scorpione, Asprilla e le capriole, Valderrama e il bulbo ossigenato? Loro sono fatti (ops) così, dribblano sorridendo, tirano (niente doppi sensi) spensierati e giocano senza farsi troppe pippe (mentali, nulla a che fare con le tifose di prima) come se fossero a un torneo tra amici, non di fronte ai giudizi e alle polemiche del mondo intero. Sì, un football diverso e non banale che in passato non ha dato troppe soddisfazioni, ma che questa volta sta facendo la storia: mai la Colombia si era qualificata ai quarti di finale. E, bene ricordarlo, l’ha fatto senza il fenomeno Falcao, a casa infortunato, e Muriel, ignorato dal ct. Ma nessuno si lamenta. Perché tanto, per vincere divertire, ci sono la rapidità di Cuadrado, il piede di James Rodriguez e la forza di Yepes. Ma soprattutto quelle curve da capogiro. di Alessandro Dell'Orto

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