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L'armata di Borghezio contro le Legioni africane. La contro storia di Alfio Krancic

di Giulio Bucchi sabato 31 maggio 2014

2' di lettura

"Quale nazione ora, o in futuro, accoglierebbe centinaia di migliaia, milioni di migranti senza reagire. Una porcheria che non funzionerà mai!", esclama Adolf Hitler, pochi minuti prima che un nuovo sbarco, multietnico, faccia vibrare il fronte Sud. L'Italia, infatti, ha "spalancato" le porte agli anglo-americani. Storia, ironia e attualità: ecco gli ingredienti de La Grande Invasione di Alfio Krancic (Edizioni Tabula fati, 2014), cinque racconti politicamente scorretti. Il disegnatore fiumano, vignettista de Il Giornale, ne ha davvero per tutti: immigrati, rom, omosessuali e politici, questi ultimi proiettati in un contesto ucronico, uno spassosissimo mondo parallelo che ripercorre il 1943-45 in chiave Berlusconi-Fini-Merkel. Berlusconi, prigioniero a Campo Imperatore, viene liberato da una formazione di parà leghisti. Sono passati 45 giorni da quando è stato arrestato e destituito da Napolitano. Nel frattempo, il nuovo Governo Finoglio/Badoglio ha lasciato il segno: tra Luxuria Ministro della Famiglia, il trans Natalie Ministro alle relazioni con le Regioni e Kabobo all'Integrazione la Capitale è nel caos, con manifestazioni gay per le strade e spettacoli blasfemi a San Pietro. Portato in aereo nella Repubblica del Nord, il Cav lancia il suo appello agli Italiani dagli studi di Segrate. E' guerra! Alleati di Putin, i "verdi-azzurri" combattono Nato, sinistra e finiani sulla Penisola, conseguendo travolgenti vittorie contro unità miste di estremisti di sinistra e immigrati: "Il 28 Agosto Bologna accolse, tra due ali di folla in festa, le truppe berlusconian-leghiste... Pochi giorni dopo le formazioni del generale Borghezio, attraversati i passi appenninici, dilagano in Toscana e nelle Marche. Solo la città di Livorno, difesa da black block, extracomunitari e comunisti tentò una disperata difesa. Ma fu conquistata in poche ore: rasa al suolo, il suo nome cancellato e sulle rovine, sparso il sale". Ucronia? Forse l'espressione non è azzeccata. La Grande Invasione, in realtà, non racconta un'Italia parallela, bensì l'Italia in chiave sarcastica, con le sue divisioni laceranti, i suoi problemi sociali, col suo poco peso in politica estera e con il suo perbenismo gauche. E l'ambientazione storica è azzeccatissima: a 69 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, la politica nazionale si attacca ancora a termini ed esperienze del passato, forse perché incapace di trovare nuovi spunti, malgrado una crisi economica che spaventa molto di più di quei "rigurgiti fascisti" tanto temuti dalla sinistra radical. di Marco Petrelli @marco_petrelli    

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