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Tarantini, il pm alla Capone: "Con Berlusconi portava le mutande?"

La "Angelina Jolie" di Bari ascoltata per il caso escort. Ecco il verbale dell'interrogatorio
di Giulio Bucchi domenica 13 ottobre 2013

4' di lettura

Il processo è quello a carico di Gianpaolo Tarantini e Salvatore Castellaneta (più altre sei persone). Il tribunale è quello di Bari, che procede per induzione e sfruttamento della prostituzione in relazione ai festini (nel 2008) in casa di Silvio Berlusconi. Il 30 settembre scorso il giudice Ambrogio Marrone ha convocato Graziana Capone, conosciuta come l’Angelina Jolie di Bari, e Lucia Rossini, nota per essersi fotografata nel bagno della residenza romana dell’allora premier. Rossini era malata. Ecco la testimonianza di Capone. Il racconto entra nel vivo con il primo incontro della Capone e Berlusconi, il 29 settembre 2008, ad una cena - all’una di notte - nella residenza di Arcore, organizzata dallo staff dopo la partita Milan-Inter. GIUDICE: «Con quante persone? Più o meno ricorda quante persone c’erano?» CAPONE: «Sì, beh, eravamo parecchie, non so se trenta o quaranta». G: «Chi sono gli altri?» C.: «Gli altri erano tutti gli altri invitati. Dei quali io però conoscevo soltanto Tarantini. Siamo rimasti lì fino alle... siamo rimasti tutti insieme fino alle tre e poi dopo via via la gente andava via, fino a che siamo rimasti veramente in pochi, tipo in quattro o cinque. Erano già le quattro e mezza, così. Poi io mi allontano per andare in toilette, quando rientro non c’era più nessuno, neppure Giampaolo, era andato via, tra l’altro senza neppure darmene avviso». G.: «E quindi chi è rimasto?» C: «Sono rimasta io e Berlusconi». G.: «Alle quattro del mattino?» C.: «Sì». G.: «E poi fino alle sette del mattino che lei è andata via che cosa è successo?» C: «Beh, ci siamo... lui mi ha raccontato tante cose, abbiamo, insomma, condiviso un momento, insomma, così, di intimità in camera sua, ma non abbiamo avuto rapporti sessuali. Per intimità intendo, insomma, un... così, un raccontarsi, io naturalmente ho raccontato di me, di quello che mi piaceva fare, ma senza francamente nessuna ambizione. Insomma, non mi aspettavo nulla da quell’incontro. In realtà era più lui a propormi, insomma, cose, ma io ero felice così». G.: «Cioè lei dice che è stata solo una conversazione?» C: «Beh, c’è stata una conversazione affettuosa, non so come dire». G.: «Cioè che cosa intende per affettuosa?» C: «Beh, nel senso che ci sono state delle carezze, ci sono state... insomma, non so che cosa vuole sapere». G.: «Cioè non c’era nessun atto sessuale, secondo lei?» C: «No». G.: «Niente?» C.: «No, assolutamente no, non ci sono atti sessuali». G.: «Diciamo, le ha messo una mano sulla spalla così, amichevolmente?» C: «Beh, no..». G.: «Che cosa è successo?» C.: «Beh, ci sono state delle... insomma, delle effusioni così, un po’ più che la pacca sulla spalla ecco, però, insomma..». G.: «Vabbè, e lei come le definisce? Diciamo, è una cosa che lei fa normalmente quando le persone le capita...?» C.: «E’ una cosa che faccio normalmente se un uomo mi piace». G.: «Ah! Quindi - diciamo - c'era...?» P.M.: «Giudice, vogliamo chiedere che cosa sono queste effusioni? Perché sennò non riusciamo neanche a capire di che cosa stiamo parlando». GIUDICE: «C’è un concetto giuridico di queste situazioni ed un concetto materiale diverso. Lei che cosa intende? Così cerchiamo di intenderci prima sul piano materiale, poi vediamo sul piano giuridico». CAPONE: «Beh, ci sono state delle carezze, non so, però io..». G.: «Seduti, in piedi, su un divano?» C.: «Sì, eravamo seduti sul letto». G.: «Sul letto?» C.: «Eravamo seduti sul letto, sì». G.: «Vestiti?» C.: «Beh, io ammetto che avevo..». G.: «Eravate vestiti o vi siete alleggeriti?» C.: «Ci siamo... sì, ci siamo alleggeriti». G.: «Quanto vi siete alleggeriti?» C.: «Beh...» G.: «Si renda conto che la materia del processo è questa purtroppo». C.: «Sì». G.: «Siamo a porte chiuse, ma..». C.: «Beh, ci siamo alleggeriti, ma è durato abbastanza poco, perché... insomma, io non ero particolarmente e propriamente a mio agio, diciamo così, perciò in qualche modo così, ci siamo coccolati». G.: «Ed a che punto siete arrivati?» C.: «...» G.: «Cioè lei era vestita?» C.: «Ero... ero... no, proprio vestita... si, insomma, avevo degli slip ed avevo un accappatoio...» Poi la rivelazione GIUDICE: «Quindi lei dal 2008 al 2010 è stata assunta nell’ufficio stampa di Berlusconi? E lo ha frequentato?» CAPONE: «Assolutamente sì, l’ho frequentato, abbiamo trascorso delle vacanze insieme, siamo stati parecchio tempo insieme. Poi devo ammettere che lui, insomma, desiderava convivere con me ed io devo ammettere invece che mi sono resa conto che era... c’era una differenza di età sensibile per la quale non sarebbe stato possibile provare un sentimento che non fosse quello dell’amicizia o quello della stima, quello della... non so, così. Lui voleva delle cose da me che io non gli potevo dare». di Roberta Catania    

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