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Mps, intreccio Pd-banca: Bersani, D'Alema, Amato, Bassanini, ecco tutti i protagonisti

di Giulio Bucchi giovedì 31 gennaio 2013

2' di lettura

Ha un bel coraggio, Pierluigi Bersani, a dire che il Pd con il caos di Monte dei Paschi di Siena, non c'entra nulla. Forse il segretario democratico fa finta di non ricordare che il controllo di Rocca Salimbeni è saldamente nelle mani, non si sa ancora per quanto, della Fondazione, in cui 13 dei 16 consiglieri sono "organici", come scrive Stefano Zurlo sul Giornale, al partito stesso. Vuoi per provenienza politica, vuoi per nomina. E allora Giorgia Meloni, una dei tre fondatori di Fratelli d'Italia, non ha torto quando dice che "come minimo Bersani e il Pd dovrebbero chiedere scusa agli italiani per averci fatto spendere 4 miliardi di euro". Quei 4 miliardi sono, di fatto, i "Monti-bond" emessi dal governo e autorizzati da Bankitalia per "salvare" la banca sense, terza in Italia, travolta dallo scandalo derivati-tangentone e chissà cos'altro. Nomine rosse - Sempre Zurlo, sul Giornale, propone le figurine dell'album di famiglia Mps, i protagonisti della Fondazione e chi li ha messi lì. Gira che ti rigira, si torna sempre al Pd, ex Ds, ex Pds, ex Pci. Sì, comunisti, come l'ex presidente Giuseppe Mussari, nella bufera, giovane comunista che come ha ricordato Franco Bechis su Libero fu il mediatore tra studenti e rettore dell'Università dell'epoca, Luigi Berlinguer. Per capire come funziona la Fondazione, però, basta dare un'occhiata alle nomine: il Comune, retto stabilmente dalla sinistra (anche se l'ex sindaco Franco Ceccuzzi è caduto recentemente proprio per un regolamento di conti riguardo all'Mps), nomina 8 consiglieri. La Provincia, guidata da Simone Bezzini (Pd), altri 5. Un consigliere spetta alla Regione, retta da un altro Pd, Enrico Rossi. E la tradizione, nella rossa Toscana, è di lungo corso. Come minimo, Bersani potrebbe "sbaranare" loro e qualche loro predecessore per alcune nomine piuttosto avventate, visto che nessuno in Fondazione si è mai accorto dei buchi e delle manovre di Mussari. Qualche colpa, poi, ce l'hanno anche i big del partito. Giuliano Amato e Franco Bassanini, per esempio, che negli anni cruciali di inizio anni 2000 molto si interessarono alle sorti di Mps. E poi, ha rivelato Bassanini a Panorama, un ruolo lo ebbe anche Massimo D'Alema, che all'epoca della scalata a Bnl fece pressioni su Mps perché si alleasse con Unipol del banchiere rosso Giovanni Consorte. Mps si oppose e D'Alema, spiega Bassanini, fece mettere in un angolo Bassanini e Amato, sostenitori dell'autonomia senese. Insomma, se vuole Bersani ha di che sfamarsi.

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