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Mughini: Saviano & Co, l'inarrestabile ascesa di un cretino

Basta un tweet per spargere insulti e commenti ignoranti. Vittime a destra e sinistra, dalla Kyenge a Marina
di Eliana Giusto domenica 18 agosto 2013

4' di lettura

Non è che il cretino s’è fatto avanti, come pure lo si invocava al tempo del grande Walter Chiari. Il cretino moderno ha conquistato la prima linea, la vetrina d’eccellenza dell’universo massmediatico, è divenuto un punto di riferimento. Lo sviluppo tecnologico della comunicazione la più veloce e perentoria gli offre tali risorse e una tale visibilità che neppure si sognavano i cretini di una volta, quei cretini che non ci sono più da quanto erano timidi e sommessi, da quanto erano capaci di restare entro i loro confini naturali. Il cretino odierno si fa protagonista, schiamazza, vuole la prima pagina, pontifica, telefona a una radio dove pronuncerà tutta intera la sua visione del mondo, non si nega nulla. In un recente film americano, “Pain and Gain” di Michael Bay, è la storia di due farabuttelli (vissuti realmente nella Miami dei secondi Novanta) che dopo avere ucciso e devastato finiscono per essere condannati a morte. A conclusione del film la voce fuori campo recita che erano stati giudicati colpevoli di vari reati ma non della loro colpa essenziale: essere due cretini perfetti capaci solo di pensare e fare delle cretinate. Erano stati sì degli assassini, ma a farli diventare tali era stato il fatto che fossero due cretini. Cretini cretini cretini. Gente che non ha mezza idea che sia una, che sa usare soltanto un italiano da trivio, che crede che il ragionare sia offendere altrimenti non è, e che pure si avventa fuori dalla stalla dove l’accudire i porci sarebbe il suo lavoro naturale. L’ultimissimo a scendere in campo è stato un Carneade veneto, tal Vittorio Milani, il quale su Facebook ha sparato che «quella p…» del ministro Cécile Kyenge andrebbe «uccisa». E subito qualcuno ha rimarcato l’ennesimo episodio di «razzismo». Ma che c’entra quel canovaccio tragico della storia occidentale che è stato il razzismo con un tale exploit cretinoide? Matto più matto meno, ha detto giustamente di Milani il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. E del resto tutta questa faccenda degli ignobili insulti alla Kyenge attiene alla saga dell’odierno cretinismo molto più che non a quella del razzismo.  Gente che si mette alla tastiera di un computer collegato al web oppure innanzi a una platea di cretini come lui e che la spara grossa. Tutto ciò che è finezza, complessità del ragionamento, gusto della sfumatura intellettuale, starsene lontani dalle partizioni belluine e manichee, loro non sanno neppure che cosa siano. Che di meglio di un «cinguettio» da 140 caratteri per mollare una randellata a questo o a quello? Ovvio che i cretini di sinistra o quelli di destra per me pari sono. Purtroppo è tale la tentazione della battuta cretina che anche chi non è un cretino di professione ci casca e la usa. Quanto a Roberto Saviano, ho letto talvolta con piacere e suoi libri e suoi scritti. Ma che cos’è se non un parametro perfetto dell’odierno cretino il «tweet» di cui lui ha recentemente battuto i 140 caratteri, ossia che un’eventuale Marina Berlusconi che entrasse in politica non farebbe altro che ripercorrere le «orme» lasciate da quel delinquente di suo padre e dunque a noi italiani non resterebbe che scappar via? Più volgare e cretino di così si muore, e ne sta parlando uno che non vede una sola ragione al mondo perché la figlia di Berlusconi debba «salire» in politica. Non una sola. Epperò una volgarità come quella scritta da Saviano nei confronti della Berlusconi jr io non l’avrei usata neppure nei riguardi di una figlia di Joseph Goebbels, e ammesso che nel tragico bunker berlinese uno dei suoi figli fosse sopravvissuto. Se messaggi di una volgarità rimanessero annegati nella melma da cui sono sorti, ne verrebbe poco male a noi contemporanei. Solo che non è così. Perché tutto quello che si muove e gracchia sul web costituisce l’essenziale dell’opinione pubblica odierna. Fa da tessuto connettivo del nostro conversare e conoscere. Dimmi quanti «tweet» dell’uno o dell’altro cretino hai letto e ti dirò chi sei. (E mi viene da ridere a leggere dell’uno o dell’altro «vip» che decidano di uscire da Twitter o da Facebook perché sommersi dalle scemenze. E perché sino a quel momento che cos’era successo, si erano pasciuti di chissà quali pensieri raffinati pronunciati dall’uno o dall’altro «follower»?) In qualsiasi articolo voi leggiate, e su qualsiasi giornale, troverere le parole «tweet» e «facebook» una decina di volte a botta. Miniera inesauribile di conoscenza e di aggiornamenti culturali quanto più rapidi, il web è anche una sorta di «anti università» in servizio permanente effettivo. Il teatro ideale per chi non sa bene di che cosa sta parlando eppure ne parla a voce alta, anzi altissima. Mi raccontava giorni fa una mia amica che è una ragazza intelligente e che aveva il gusto della parola scritta e ragionata, che adesso passa tre ore al giorno su Facebook. Un libro sul comodino accanto al suo letto non c’è più. E quanto alle radio che aprono i loro microfoni a chi vuole «entrare» nella loro comunicazione (questa innovazione fondamentale della radiofonia anni Settanta), ti si rizzano i capelli in testa ad ascoltare molti degli intervenuti. Un diluvio di banalità, di sconcezze settarie, di verità ridotte alla loro caricatura. Cretino sii cortese, fai un passo indietro. Uno solo. Ma fallo. Walter Chiari te ne sarebbe grato. di Giampiero Mughini

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