Roma, 29 nov. - (Adnkronos) - "Esiste una cultura chiassosa e supponente che, avvalendosi di batterie pesanti, vuole imporre una visione della persona e della società puntiforme, e capovolge il vocabolario dell'umano così che le parole più belle e sacre -anche laicamente perché fondative come amore e libertà, famiglia e vita- sono ridefinite in chiave individualista. La persona è un individuo non assoluto, cioè sciolto da tutto, ma è in relazione, cioè soggetto di legami che non mortificano -come si vorrebbe far credere- ma che sono la condizione di possibilità perché ognuno sia veramente libero e se stesso. Il virus dell'individualismo concepisce l'uomo come un "punto", un "io" slegato da tutto e da tutti". Lo ha detto il Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, aprendo ad Assisi i lavori del convegno "Custodire l'umanità. Verso le periferie esistenziali", organizzato dalla Conferenza Episcopale Umbra in collaborazione con l'Università di Perugia e con il Servizio Nazionale per il progetto culturale della Cei. "Ma così -rincorrendo l'autonomia assoluta- egli si imprigiona in se stesso, si condanna alla solitudine, e la società sarà puntiforme, povera di relazioni. E non è forse questo -la solitudine e l'angoscia- il nucleo di ogni follia, e di ogni violenza? Tutt'al più -ha aggiunto Bagnasco- si creano rapporti necessari per non morire, dentro ai quali ognuno si rinchiude come in un fortino che nulla, in realtà, può difendere". "Viene da pensare -ha osservato il presidente della Cei- a quanto anticipava Nietzsche quando l'uomo folle annuncia che Dio è morto: 'Siamo stati noi ad ucciderlo (…) Come potemmo svuotare il mare bevendolo fino all'ultima goccia? (…) Che mai facemmo a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov'è che si muove ora? Dov'è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all'indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo noi vagando come attraverso un infinito nulla?' (La gaia scienza, libro III, aforisma 125). Ma se ci guardiamo attorno, oltre la coltre pur vera della cronaca, ci sta il Paese reale, la grande maggioranza della gente che vive una cultura potremmo dire 'silenziosa' ma ancora radicata, che crede nella persona come relazione e nella libertà come responsabilità; che vuole una società come rete di rapporti solidali, come comunità di vita e di destino". (segue)