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Giordano: "Moriremo democristiani (e ci sta bene)"

I "nuovi" politici provengono tutti da Mamma Dc. Che malinconia: sognavamo il bipolarismo, l'alternanza, la fine del consociativismo e la rivoluzione liberale. Invece ci rifuggiamo ancora nel passato. Ma forse è meglio così
di Nicoletta Orlandi Posti domenica 6 ottobre 2013

Mario Giordano

4' di lettura

Moriremo democristiani. Ormai è certo. Forse è un bene, forse è un male, prendetela come volete, forse non è nulla, forse è che non siamo capaci di fare altro che perderci nel ventre di una infinita Balena Bianca. Forse è che siamo fatti così, eterni innamorati delle convergenze parallele, succubi di ogni bizantinismo doroteo, forse è che siamo nati un po’ tutti Rumor incrociati con Forlani, siamo tutti fanfaniani nell’anima e andreottiani nello spirito, forse è un bene, forse è un male, forse non è nulla, ma non riusciremo mai a cambiare, questo è certo. Parliamo di chiarezza, ma ci piace il compromesso, urliamo: “di qua o di là” e poi stiamo eternamente in mezzo, dichiariamo che ci piace “o bianco o nero” e poi continuiamo a optare per un soffuso grigio, che si porta bene su tutto. E, soprattutto, non dà fastidio a nessuno. Moriremo democristiani perché in fondo ci fa comodo così. Abbiamo passato una vita a sognare l’alternanza e il bipolarismo, il modello americano, la chiarezza degli schieramenti. Dicevamo: non moriremo democristiani, perché dobbiamo diventare grandi e prenderci le responsabilità,  gli elettori sceglieranno nell’urna e finiranno le manovre di palazzo, basta con i vertici segreti e le beghe del retrobottega. Dicevamo: non moriremo democristiani perché sarà tutto alla luce del sole, come fra tories e laburisti, come fra democratici e repubblicani negli States, chi vince e chi perde, chi sta da una parte e dall’altra, avremo finalmente chiarezza e trasparenza, basta con la Repubblica fondata sull’inciucio e sull’opacità. Quel che dicevamo - E poi molti di noi sognavano anche la rivoluzione liberale, la fine del consociativismo, lo Stato adulto che non ti fa da mamma e neppure da tiranno, che ti regala poche scorciatoie e molta libertà. Dicevamo: non moriremo democristiani perché toglieremo le leggi inutili, gli enti inutili, le associazioni inutili, abbatteremo la burocrazia che interpreta le regole per gli amici e le applica per i nemici, porteremo una ventata d’aria fresca nelle asfittiche stanze degli accordicchi al ribasso, dell’”una mano lava l’altra”, e “se tu dai una cosa a me, io poi do una cosa a te”. Dicevamo: abbasseremo le tasse e le spese, basta sprechi e favori, basta piccinerie, diventeremo grandi, anche in economia è arrivata l’ora della libera e adulta responsabilità. Dicevamo tutte queste cose, appunto. Ma ora dobbiamo prendere atto che le abbiamo dette piuttosto inutilmente. Anzi: del tutto inutilmente. Moriremo democristiani perché in fondo, siamo sinceri, diventare adulti è pericoloso, la libertà è faticosa, e far le cose alla luce del sole non ci piace mica tanto. Preferiamo l’ombra o almeno la mezza ombra, i colori forti ci fanno paura, meglio ripararsi dietro la mezza tinta, meglio rifugiarsi dietro le comode sicurezze antiche: il grande centro, la moderazione che diventa l’alibi per farsi brodino, le larghe intese che si trasformano nella riedizione del pentapartito, ci manca solo Gava agli interni e Bodrato alle Marina Mercantile e poi ci sentiremo di nuovo a casa.  Finalmente a casa. Tiepidamente a casa. Con uno Scudocrociato tatuato sul cuore. For ever Dc. Malinconia  - Non lo dico mica con cattiveria. Forse è un bene, forse è un male, forse non è nulla. Forse è che siamo fatti proprio così. Lo dico solo con un po’ di malinconia, a pensare a quel che eravamo, a quel che sognavamo, alla speranza di un Paese diverso è che invece rimane sempre uguale a se stesso, ma soltanto più povero. Di soldi. E soprattutto di speranza. Moriremo democristiani, è il nostro destino, ma con Giovanardi anziché Forlani, Alfano anziché Cossiga e Letta anziché Moro, moriremo democristiani, perché è sempre la stessa musica, anche se qualche tonalità più bassa perché anche la storia a forza di ripetersi si annoia. Moriremo democristiani e allora lasciatemi almeno il rimpianto, mentre vedo gli schermi della Tv che si riempiono di grandi vecchi, con Cirino Pomicino intrervistato, e De Mita che torna a sdottoreggiare dal salotto di casa, lasciatemi dire con un groppo in gola che non era questo che sognavamo, che è la sconfitta, forse anche la resa di una generazione (la mia) che non ha saputo creare niente di meglio di coloro che ci hanno preceduti e che ora, per avere un futuro, non può fare a meno di rifugiarsi nel passato. Moriremo democristiani e questo forse è il meglio  che ci aspetta, ma che botta al nostro orgoglio: volevamo cambiare il mondo e invece, guarda qui, per sopravvivere siamo costretti a ricominciare da lì,  dal caldo abbraccio doroteo, dalla sopraffina mediazione morotea, dai bizantinismi forlaniani, Grande Centro&larghe intese, compromessi e divergenze parallele. Verrebbe voglia di andarsi a nascondere. Ma ovviamente non sapremmo dove nasconderci, se non sotto la gonna della Dc. di Mario Giordano

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