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Mastro Silvio fa le pulizie

La vittoria contro gli impresentabili del Pdl è un grosso merito, ma da sola non basta: ora il Cav riformi la giustizia e tagli gli sprechi di Stato
di Andrea Tempestini domenica 27 gennaio 2013

4' di lettura

Per fermare la vittoria dei comunisti, più di trent’anni fa Indro Montanelli invitò gli elettori a turarsi il naso e votare Dc. Ma alla prossima chiamata alle urne, seguire le istruzioni del fondatore de il Giornale non sarà sufficiente e agli italiani toccherà anche tapparsi la bocca. Se la aprissero infatti ne uscirebbero improperi contro una classe politica che è specialista nel farsi gli affari propri invece di quelli degli italiani e quando non li fa è solo per inettitudine.  Per giorni siamo stati costretti ad assistere alla sceneggiata delle liste pulite, cosicché tutto il resto è passato in secondo piano, in particolare il pessimo andamento della nostra economia. Grazie al dibattito su chi sia o meno presentabile e chi invece debba fare un passo indietro, sui giornali e in tv è passato quasi in sordina il giudizio del Financial Times su un anno di governo tecnico. Rigor Montis si è presentato a Bergamo come un Salvatore della patria, nonostante per il quotidiano finanziario più seguito d’Europa l’ex rettore non sia adatto a governare, troppo succube di Angela  Merkel e troppo ossequioso di quella dottrina dell’austerity che già tanti danni ha fatto in Europa. Ma la faccenda è stata liquidata in poche righe. Immaginiamo che alla stregua dell’articolo del giornale inglese sarà trattato anche lo studio di Unimprese, in cui si riferiscono i dati della cosiddetta spending review, ovvero dei tagli alle spesa pubblica che il governo Monti si era impegnato a fare nominando un commissario ad hoc, Bondi. Bene: secondo la ricerca, in tredici mesi il Professore l’unica cosa che ha tagliato sono i nastri delle inaugurazioni, per farsi riprendere da fotografi e tv in bella posa.  Per il resto, ossia gli sprechi, il Supertecnico non ha fatto uso neppure della limetta per le unghie: così, tra gennaio e novembre le uscite dello stato sono aumentate di 32 miliardi, un buco di 3 miliardi al mese, non proprio noccioline. Tutto ciò mentre sullo sfondo della campagna elettorale si agita in cappio di un’altra manovra finanziaria, vale a dire dell’ennesima stangata per mettere in ordine conti che non tornano e che probabilmente sono assai peggiori di come ci viene rappresentato. Ciò nonostante noi continuiamo a parlare di liste, pulite e tirate a lucido, e dopo che il Cavaliere, assecondando le richieste della piazza, si è deciso a trasformarsi in Mastro Silvio, passando lo strofinaccio sullo sporco più resistente nel partito ed eliminando dall’elenco dei candidati nomi come quello di Nicola Cosentino,  il  gioco ricomincia. Già, perché la fuoriuscita dell’onorevole campano e dei molti altri chiacchierati esponenti del Popolo della Libertà per i manettari nostrani non chiude la partita. Cacciato un impresentabile, la giustizia pretende di farne fuori un altro, così alla fine invece che dei temi che riguardano la vita e il futuro degli italiani si continua a discutere di processi, avvisi di garanzia e richieste di condanna, in una spirale senza fine come accade da anni.  Non era infatti ancora chiusa la vicenda di Cosentino e degli onorevoli candidati all’arresto, che ecco spuntare un nuovo caso, quello del deputato pugliese Raffaele Fitto, inseguito da parecchio tempo per un finanziamento regolarmente dichiarato che la Procura considera una tangente. La vicenda, che vede coinvolto anche Giampaolo Angelucci, uno degli imprenditori titolari della testata Libero, è assai strana:  mai infatti si è sentito di un politico che si fa corrompere mettendo la mazzetta a bilancio e dichiarandola, ma tant’è e guarda caso la richiesta di condanna è arrivata ora, a poche settimane dal voto.   Le lancette dell’orologio elettorale battono anche a Milano, dove, a seguito del ripensamento della corte che processa Berlusconi per il caso Ruby, la sentenza di primo grado è stata spostata a urne chiuse, affinché il giudizio non coincidesse con il momento del voto rischiando di condizionarne l’esito. Ma a correggere la decisione dei giudici ci ha pensato Ilda Boccassini, la quale si è premurata di far sapere che lei terrà comunque la requisitoria prima dell’apertura dei seggi, in modo che la richiesta di condanna coincida con la fine della campagna elettorale. Immaginate: mentre i candidati chiedono agli italiani il loro sostegno per realizzare un programma di riforme e rilanciare l’economia, in tribunale si terrà un comizio contro il leader del centrodestra. Intendiamoci, di tutto questo non sono responsabili i magistrati, né quello pugliese né la rossa signora milanese. La responsabilità è di chi glielo ha lasciato fare. Di chi non solo non ha messo mano agli sprechi, ma neppure alla giustizia. Così dopo  decenni di guerre, siamo a una nuova battaglia. Capite perché chi va a votare dovrà turarsi il naso e pure la bocca? di Maurizio Belpietro  

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