di Andrea Valle I guai di Mps e degli italiani, se nella peggiore delle ipotesi la banca fosse nazionalizzata, non accennano a diminuire. A maggio del 2012 la prima inchiesta per aggiotaggio. Poi in autunno a quella senese si somma l’inchiesta che i pm di Milano avevano avviato sull’operazione in derivati chiamata Alexandria e ipotizzava i reati di truffa e appropriazione indebita a carico di alcuni funzionari della banca senese che secondo l’accusa avrebbero lucrato sui derivati stessi. Ora spunta anche l’ipotesi di falso in bilancio, secondo alcune indiscrezioni. Ma la vera botta, datata fine novembre, è la notizia di ieri. «Due mesi fa, dopo un incontro fra magistrati lombardi e toscani, si prese la decisione di trasmettere gli atti a Siena per competenza territoriale», scrive Reuters che aggiungendo: «Dall’indagine dei pm milanesi Francesco Greco e Giordano Baggio, secondo quanto riferisce una fonte, erano emerse creste fatte da funzionari sui derivati con arricchimento di personaggi di spicco della banca e con un notevole giro di denaro». Creste. Alias vorrebbe dire stecche. Si spinge più in là il Giornale che ieri sparava un titolo pesante: «Quella maxistecca su Antonveneta rientrata con lo scudo fiscale». In sostanza gli inquirenti si chiedono perché la banca del Nordest sia stata pagata oltre 10 miliardi, senza Interbanca, cui si sono aggiunti circa 7 miliardi di debito (che Mps si è accollata) a fronte di un valore di 2,3. Tenendo anche presente che pochi mesi prima la spagnola Santander aveva speso non più di 6 miliardi. «Siamo nel campo delle ipotesi investigative ma più di un riscontro, accostato a coincidenze temporali precise, fa dello spunto d’inchiesta un filone corposo», risponde il Giornale. «Il meccanismo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato semplice quanto astuto: separare le stecche così da ridurre l’entità dei “rimpatri” monetari per non destare sospetti, o comunque diluendoli di molto». Insomma per oltre sei mesi la Gdf avrebbe pedinato un flusso di denaro da circa un miliardo e duecento milioni dietro il quale potrebbe esserci una maxi tangente. Ne è convinta anche Repubblica. Il quotidiano dell’Ingegnere dopo aver raccontato il sistema di passaggi da vari conti offshore ipotizza addirittura che –citando una fonte qualificata – possa scoppiare dopo le elezioni di febbraio una bomba di proporzioni mai viste per il sistema bancario. A cosa si riferisca il giornalista di Repubblica non è dato saperlo. Fa però intendere che le sorprese sarebbero sempre da cercare là dove nasce tutto l’inghippo. Ovvero l’acquisizione di Antonveneta. La madre di tutti i problemi. Anche quelli legati al prestito F.R.E.S.H, uno strumento ibrido convertibile in azioni ordinarie creato per scalare la banca del Nordest nel 2008. «Il falso in bilancio di Mps però potrebbe essere stato solo un mezzo per realizzare un fine più importante per la politica senese», si sbilancia il Fattoquotidiano, «che sarebbe la distribuzione di una cedola su un titolo acquistato dalla Fondazione del Monte dei Paschi, saldamente nelle mani di Provincia e Comune, entrambi a guida Pd». In sostanza, se Mussari non avesse creato l’operazione con Nomura, a restare con il cerino in mano sarebbe stata la Fondazione alla quale lui stesso un anno prima aveva chiesto il sacrificio di finanziare la scalata della sua vita. Una delle precondizioni perché il prestito F.R.E.S.H fosse remunerativo e pagasse cedole era la capacità della banca di stare in utile. Nel 2009 infatti grazie al differenziale dei due tassi sottostanti al prestito la Fondazione incassò circa 13 milioni di euro. Nel 2010 l’Ente guidato da Mancini se non avesse incassato cedole (previsti 7 milioni), si sarebbe trovato a pagarne ben 14 di interessi sul maxi prestito. Insomma, una sberla da quasi 21 milioni di euro. Una mancata perdita sulla quale la Procura di Siena ha acceso i fari. Intanto nel dubbio c’è già chi spara alzo zero. Per il segretario della Lega, Roberto Maroni «c’è puzza di tangenti nella vicenda di Mps. Credo - ha proseguito Maroni - che il governo debba procedere al commissariamento della banca, se viene accertata la tangente, visto che ci ha messo 4 miliardi di euro, per procedere a risanamento e vendita». I 4 miliardi non sono ancora stati versati in realtà e sorprese ce ne possono essere. Il sobrio Pier Ferdinando Casini si limita a dire: «Regali al Pd no, ma responsabilità politiche sì». No comment di Susanna Camusso.