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Suicidio? Si potrà prevedere con un prelievo del sangue

Monitorato un gruppo di pazienti con disturbo bipolare: riscontrate differenze nell'espressione genica
di Eleonora Tesconi domenica 25 agosto 2013

Prelievo ematico

3' di lettura

Il rischio di suicidio è scritto nel sangue e in futuro potrebbe bastare un semplice prelievo per predirlo. Ad aprire una nuova frontiera nella prevenzione di un'emergenza che causa ogni anno oltre un milione di vittime nel mondo è un gruppo di scienziati dell'università americana dell'Indiana, che in uno studio pubblicato in anteprima online sulla rivista del gruppo Nature, Molecular Psychiatry, ha scoperto una serie di marcatori genetici "spia" in grado di indicare chi potrebbe sentire il bisogno di togliersi la vita. Si tratta di particolari molecole di Rna che, secondo i risultati della ricerca, sono presenti, a livelli significativamente più alti, nel sangue dei pazienti con disordine bipolare e pensieri suicidi, e di un gruppo di persone che hanno effettivamente compiuto l'estremo gesto. Secondo il principale autore dello studio, Alexander B. Niculescu III, dell'Istituto di ricerca psichiatrica della Indiana University School of Medicine, "questo lavoro fornisce la prima prova di principio del fatto che un test del sangue potrebbe avvertire tempestivamente dell'alto rischio di suicidio di una persona". Il suicidio, assicura lo scienziato, "è una tragedia evitabile". La ricerca - "In psichiatria il suicidio è un grande problema", spiega Niculescu. "E' un grande problema nel mondo civile, come pure in quello militare - precisa lo studioso - e il punto è che al momento non disponiamo di marker oggettivi per prevederlo. Esistono persone che non riveleranno mai che stanno pensando di togliersi la vita, ma che poi lo faranno e noi non avremo potuto fare niente per evitarlo. Quello di cui abbiamo bisogno è di un modo migliore per identificare e prevenire questi tragici eventi". Per individuare una "spia oggettiva" del rischio di suicidio, Niculescu e colleghi hanno realizzato uno studio specifico. Per prima cosa, hanno seguito per tre anni un vasto gruppo di pazienti con diagnosi di disturbo bipolare, sottoponendoli a colloqui e a prelievi di sangue ogni 3-6 mesi. I ricercatori hanno quindi condotto analisi approfondite sul sangue di un sottogruppo di pazienti che riferivano passaggi improvvisi dall'assenza di pensieri suicidi a un forte desiderio di farla finita. Gli studiosi hanno potuto così osservare differenze nell'espressione genica tra chi manifestava "bassa" o "alta" tendenza a pensare al suicidio, e attraverso una serie di analisi e genetiche e confronti hanno identificato i biomarcatori caratteristici dei pazienti con spiccata tendenza all'estremo gesto. Esame sui pazienti maschi - Attraverso un test del sangue si potrebbe arrivare per la prima volta a una diagnosi precoce del futuro suicidio. Prima di giungere a questo traguardo, però, servono ulteriori ricerche, avverte lo scienziato. Un limite di questo studio, ammette, è che è stato condotto solo su pazienti maschi. Potrebbero quindi esserci delle differenze di genere su cui indagare con nuovi studi. Il prossimo passo sarà dunque quello di allargare l'indagine alle donne, per capire se le "spie del suicidio" sono le stesse o differiscono nei due sessi. Inoltre, Niculescu e colleghi hanno in programma di coinvolgere altri gruppi, per esempio persone che hanno pensieri suicidi meno impulsivi, ma più deliberati e pianificati. Una difficile analisi - Resta in ogni caso il fatto che "il suicidio è un fenomeno complesso: oltre a fattori di natura psichiatrica, o che rendono una persona più fragile - analizza Niculescu - pesano anche fattori culturali e fattori esistenziali associati ad esempio a un'insoddisfazione personale riguardo la propria vita, la perdita di speranza per il futuro, la sensazione di essere inutili". Per valutare il rischio suicidio a 360 gradi, quindi, gli scienziati dell'Indiana stanno cercando di arrivare a un sistema che integri il test dei biomarker sul sangue a test neuropsicologici e sociodemografici. Obiettivo finale? Una "checklist" salvavita che intercetti il disagio e prevenga l'epilogo più drammatico.

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