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Repubblica scordaL'Ilva del capo

Riflettori puntati su Taranto. Ma a Vado Ligure la centrale elettrica sputa veleni. Il 39% è di Sorgenia, che fa capo a De Benedetti
di Matteo Legnani domenica 12 agosto 2012

2' di lettura

  di Edoardo Cavadini Non esiste solo l’Ilva di Taranto con la sommatoria di rischi ambientali e per la salute che tengono in ostaggio un territorio. A fare paura in Italia è anche un’altra fabbrica, dalla parte opposta dello Stivale, riviera ligure di Ponente, infinitamente più piccola dell’insediamento-città pugliese. Ne scriveva ieri Il Fatto Quotidiano della centrale termoelettrica di Vado Ligure: due pennoni di cemento bianchi e rossi che sputano fumo spesso e scuro a getto continuo. Per chi vi abita vicino da quattro decenni sono una presenza ingombrante, che però dà da mangiare. A quasi 250 famiglie, e non è poca cosa in questi anni di cantieristica e turismo in crisi nera. Il prezzo da pagare però rischia di essere molto alto, forse troppo. Quello di Vado è uno dei tre impianti (gli altri sono a Civitavecchia e alle porte di Napoli) che appartengono al gruppo Tirreno Power, operatore dell’energia ringalluzzito dal mercato libero. Un piccolo gigante, quello ligure, da cinquemila tonnellate al giorno di combustibile fossile bruciato nelle sue fornaci per produrre elettricità. Una spada di Damocle sulla testa per una larga pattuglia di abitanti e lavoratori riuniti nei comitati “Fermiamo il carbone” che temono per l’incolumità propria e di chi abita in un raggio di decine di chilometri. E a sentire i numeri snocciolati da medici ed esperti, non vorremmo essere nei loro panni: il tasso di mortalità per tumore a Vado è di 327 casi ogni centomila abitanti, la media italiana è 240. Idem per le malattie cardiache: impennata rispetto alla media regionale del 40-50%. E poi le emissioni: cadmio, arsenico, mercurio, cromo rilevati in concentrazioni abnormi rispetto alla norma. Insomma, una potenziale bomba sanitaria e ambientale, che - stranamente - non sembra interessare i grandi media. Di sicuro non la Repubblica, impegnata con un esercito di inviati e penne sul sito pugliese, e affetta da mutismo in questo caso. Quisquilie locali di scarsa importanza, o c’è dell’altro? Difficile dirlo, ma c’è un fatto. Nella proprietà di Tirreno Power - spiega Ferruccio Sansa nel suo articolo - compare con il 39% Sorgenia, braccio imprenditoriale (settore energia) che fa capo a Carlo De Benedetti, guarda caso editore di Repubblica. E la politica? Le forze progressiste, in primis il Pd (a cui l’Ingegnere non è certamente distante) - che esprime il governatore Caludio Burlando, al secondo mandato - non muovono un dito. Anzi, la Regione ha recentemente firmato un’intesa con Tirreno Power per ampliare l’insediamento, aumentandone la potenza. E pensare che in campagna elettorale lo slogan acchiappavoti era stato chiaro: «Basta con il carbone». E così la campagna di informazione è lasciata nelle mani dei cittadini che a proprie spese commissionano studi e rilevazioni. E nelle cui teste frulla un tarlo: vuoi vedere che esistono due inquinamenti e due misure?    

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