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Dottor toga e mister Hyde: il pm col vizietto di rigare l'auto al disabile

C'è chi vandalizza l'auto dell'avvocato, chi incolla la porta di un vicino, chi buca gomme: non sempre i magistrati sono irreprensibili
di Giulio Bucchi domenica 26 agosto 2012

4' di lettura

  di Francesco Borgonovo Non è questione di «diversità antropologica», come ebbe a dire in una sfortunata uscita Silvio Berlusconi, quanto piuttosto di statistica. La collezione di storie stupefacenti che hanno per protagonisti magistrati e altri generici togati col passare del tempo si fa parecchio più folta. Spesso si tratta di vicende esilaranti, sebbene soltanto per chi le legge. In altri casi, invece, sono piccole meschinità, che sconcertano  proprio perché ne sono protagonisti i custodi della legge e dell’ordine.   Prendiamo quanto è accaduto nei giorni scorsi a Firenze, nel quartiere Campo Marte. Succede che un povero Cristo, di professione avvocato, quando si alza la mattina per andare a lavorare, trova l’auto coperta di segni. Può capitare: magari nel quartiere si aggira qualche ragazzino che non ha nulla di meglio da fare se non rigare le macchine altrui. Di solito, in questi casi, si formulano ad alta voce motivatissime osservazioni su quanto sia antico il mestiere della madre dell’ignoto vandalo, gli si augura di pigliarsi un clistere a tradimento, e ci si mette una pietra sopra.  Il fatto è che, nella faccenda fiorentina,  i guai vanno per le lunghe: l’avvocato ogni mattina scende di casa, si avvicina alla macchina e la trova rigata. Roba che farebbe perdere la pazienza anche al pio bove. Tanto più che la vittima dei danneggiamenti è disabile, e dunque ha il posto riservato: significa che chi si accanisce sull’auto ce l’ha proprio con lui. L’avvocato si spaventa, pensa che chissà quali malfattori intendano minacciarlo, dopo qualche tempo questa storia della macchina diviene un tarlo che sta sempre a rosicchiargli la testa. Bisogna prendere provvedimenti. Così, l’astuto legale  si apposta onde cogliere in flagrante il suo persecutore. Riesce persino a fotografarlo. Ma quando osserva  attentamente lo scatto, ansioso di scoprire chi sia il malfattore, gli viene un mezzo colpo.  Si tratta di un tizio che l’avvocato conosce bene, perché lo ha incontrato più volte in tribunale: è un magistrato. Anzi, per la precisione, una toga in pensione. Una toga recidiva, per di più, dato che gli assalti all’auto si ripetono. Poiché la prova fotografica fornita dal malcapitato legale fiorentino non è sufficiente, entrano in scena i carabinieri, i quali a loro volta si  piazzano - nascosti nell’apposito furgoncino come nei film di serie B - davanti al posteggio invalidi. Ed eccolo lì, l’ex magistrato, che giunge munito di oggetto contundente e zac, appioppa un bel rigone all’auto, ovviamente ignaro di essere ripreso. Risultato: denuncia a piede libero. Ora si tratta di capire perché diamine costui ce l’avesse tanto col povero avvocato. Vai a capire.  L’assurda vicenda ha un precedente forse ancora più surreale che data settembre 2011 e si svolge a Genova.  Il  fattaccio ha luogo in un elegante palazzo del centro, abitato da gente, come si dice, di un certo livello. Bene, un tale si accorge che qualcuno insiste a danneggiargli il portone di casa e a combinargli altri poco simpatici scherzetti. Solo che non c’è verso di capire chi sia, poiché la telecamera presente sulle scale del palazzo  risulta sempre oscurata.  Esasperato, il condomino decide di provvedere per i fatti suoi: installa un’altra telecamera all’insaputa dei vicini. E quando esamina il nastro cosa trova? Un uomo che - dando prova di notevole tigna - s’ingegna a otturargli la serratura della porta con la colla. Non prima di aver provveduto ad appoggiare la giacca su quella che lui crede essere l’unico occhio elettronico nelle vicinanze, con l’evidente obiettivo di non farsi filmare mentre compie l’eroico gesto.  Normale bega fra vicini, come no. Il problema è che uno dei due, quello col vizio della colla, è un personaggio di rilievo: un sostituto della Procura generale, molto conosciuto negli ambienti legali. Uno che pare si sia occupato di processi anche importanti e delicati, fra cui alcuni legati al G8. Di giorno camminava per i corridoi, salutato come Vostro Onore. Di sera passava il tempo a escogitare e mettere in atto piccole ripicche contro l’odiato dirimpettaio. Ma non è mica finita. Perché si potrebbe ricordare anche l’episodio che, circa quattro anni fa, coinvolse un giudice di La Spezia, anche lui danneggiatore accanito. Lo beccarono, sempre tramite telecamera, mentre con un punteruolo si divertiva a tagliare le gomme di un collega, il quale per altro si era molto spaventato, temendo una ritorsione da parte di criminali. Perché tanto astio? Beh, una toga aveva escluso l’altra dal novero dei membri di un collegio del tribunale del Riesame. E il giudice scartato non l’aveva presa bene, vendicandosi punteruolo alla mano. Conclusione: il danneggiatore è stato trasferito a Pisa e morta lì.  Si potrebbe andare avanti ad libitum, libri come L’Ultracasta di Stefano Livadiotti o Prepotenti e impuniti di Stefano Zurlo traboccano di storie di questo genere. Come quella del giudice che - alla fine degli anni Settanta - gridava parolacce nei corridoi del tribunale, molestava le segretarie con proposte oscene, frequentava una libreria dell’occulto e, una volta dentro, si metteva a borbottare cose incomprensibili inquietando gli altri clienti. E nonostante ciò, non fu mai cacciato, trascorse un decennio in queste condizioni e lasciò la toga solo quando decise di dimettersi. Un po’ come l’altro giudice ugualmente allegro, considerato infermo di mente perfino dal presidente della Corte di cassazione, che una volta abbandonò l’aula perché aveva i ceci sul fuoco ed era solito inveire contro l’ora legale, che riteneva essere una truffa. E ancora... Basta, per carità.    Qui non si fa antropologia, dicevamo, ma statistica. Però, concedetecelo,  ci permettiamo lo stesso di provare un brividino  ogni volta che qualcuno attacca: «Hai sentito di quel giudice...».  

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