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Parola d'ordine "Avanti"Obama fa il marxista

Sepolto il “Change”, svanita la “Hope”, ridicolizzato “ Yes, we can”. Ma con lui, gli Usa sono andati indietro
di Matteo Legnani domenica 6 maggio 2012

3' di lettura

  E così  Obama ha scelto finalmente per la sua campagna una parola-slogan in linea con la sua ideologia: Forward, che significa Avanti ed è, non casualmente, lo stesso nome della testata The Forward, quotidiano degli ebrei socialisti fondato nel 1897 a New York e ancora pubblicato oggi come settimanale, uno dei fogli della galassia di sinistra che popolano la libertà di stampa in America. Anche in Italia “Avanti”, fondato nel 1896,  è la storica testata del socialismo, e recentissime notizie di cronaca informano che Riccardo Nencini, segretario del Partito Socialista (?!?), ha annunciato “ci siamo ripresi l’Avanti…in quanto partito erede della tradizione socialista e portatore del patrimonio ideale e storico del Psi”. Sepolto il “Change” (cambiamento), svanita la “Hope” (Speranza), ridicolizzato “ Yes, we can” (Sì, noi possiamo”) dopo che in tv Barack lo corresse in “Yes, we can but…” (Sì, noi possiamo ma…) quando gli fu chiesto come e perché non avesse tenuto fede alle promesse del 2008 di trasformare l’America e il mondo, la campagna obamiana è approdata ad un marchio che è banalissimo e vago (avanti? Per dove?) ma insieme datato e sinistro, radicato com’è  nella tradizione dei movimenti marxisti. Aveva provato prima formule più elaborate, ma si sono sciolte anzichè attecchire nel vissuto collettivo e nei titoli di stampa, ed oggi sono impresentabili. Chi si ricorda “America built to last” (America costruita per durare)? Dopo tre anni e mezzo, la gente ha visto quale paese ha costruito il Profeta, e se è questa America che deve durare, “siamo fritti” ha pensato. Il più poetico era forse stato lo slogan del Discorso sullo Stato dell’Unione: “Win the future” (Vincere il futuro). Era altissimo nello slancio retorico, ma tutti hanno capito che voleva dire “servono più tasse per ingrandire il governo con spese pubbliche che finanzino l’energia verde e l’educazione”. Così, dopo lo scandalo della Solyndra (pannelli solari della ditta amica di Obama che s’è pappata 500mila dollari pubblici ed è fallita licenziando i 1000 dipendenti) e dopo che si è visto che per “educazione” si intendevano gli stipendi dei maestri sindacalizzati, anche quelli che non sanno insegnare, “Win the future” è sparito dai comizi. Per un po’, quando voleva far vedere che pressava il Congresso affinché passasse le sue proposte di budget, Obama ci ha provato con “We can’t wait”, “Non possiamo aspettare”. Probabilmente gli è stato fatto notare che lo slogan tradiva solo la sua incontinente impazienza da “tassa e spendi”. E quando il Senato, con voto unanime, si è espresso contro il budget proposto dalla Casa Bianca, il presidente ha dovuto prendere atto che anche “we can’t wait” era defunto. Eccoci arrivati, dunque, al Forward. E’ chiaro che il messaggio significa “avanti per altri 4 anni a fare il presidente”, ma il rischio che questa richiesta scontata di bis gli si ritorca contro è grande. Avanti? Ma gli Usa sono andati come i gamberi finora con Barack. Indietro, non avanti. E’ nei numeri e tutti lo sanno. Il debito nazionale da settembre 2008 è salito da 10mila miliardi ai 15600 miliardi attuali. Le spese federali da 3mila miliardi a 3800. I dipendenti federali sono aumentati dai 4,2 milioni del 2008 ai 4,44 milioni, gonfiando il già grande governo. I disoccupati erano il 7,8% nel gennaio 2009, sono l’8,2% ora. La benzina costava 2,50 dollari al gallone nel settembre 2009, costa 3,81 dollari oggi. Gli americani poveri che vivono con i buoni pasto sono balzati da 28,22 milioni nel 2008  a 46,2  milioni a fine 2011. “Avanti” con Barack? Povera America. di Glauco Maggi    

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