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I Prof dormono. E da svegli son peggio

Tassano noi per il sisma, poi buttano 3,5 miliardi per la Snam e lasciano correre le spese folli delle Province
di Lucia Esposito domenica 3 giugno 2012

4' di lettura

Di solito ci si rivolge agli esperti presumendo che ne sappiano più di noi e dunque possano risolvere i problemi suggerendo interventi che  neanche immaginiamo. Nel caso del governo dei tecnici invece accade il contrario: lungi dall’illuminarci con la loro scienza, i professori ogni volta che c’è da affrontare una questione, non solo non inventano nulla di nuovo, ma addirittura offrono rimedi più che scontati. Abbiamo riferito ieri come intendono finanziare la ricostruzione in Emilia, ovvero spillando soldi ai contribuenti per il tramite delle pompe di benzina. Un aumento delle accise che, secondo i ministri, non dovrebbe tradursi in un immediato rincaro della super, in quanto dall’esecutivo è stato rivolto un appello - sì, avete letto bene, un appello -  ai petrolieri affinché si facciano carico delle tasse senza riversarle sugli automobilisti. Come c’era da immaginare, le grandi compagnie hanno risposto picche alla richiesta, confermando ciò che sospettavamo e cioè che a mettere mano  al portafogli saranno gli italiani, i quali ogni volta che faranno il pieno aiuteranno i terremotati.  Che l’aumento delle imposte sui carburanti fosse la soluzione più banale da escogitare lo prova il fatto che ogni governo ha finanziato gli interventi di ricostruzione dopo un movimento tellurico o un’alluvione proprio con questo metodo. Per decidere di aumentare le accise non serviva dunque l’ex rettore della Bocconi, bastava Andreotti. Eppure, per risparmiarsi il rincaro delle imposte, c’era un sistema semplice: tanto per cominciare si poteva evitare di far spendere 3,5 miliardi per far comprare alla Cassa depositi e prestiti una società che era già dello Stato. Ieri infatti, proprio in coincidenza della decisione di ritoccare le tasse sui carburanti, il governo ha dato via libera all’acquisto della Snam, ossia della società distributrice del metano in Italia, che la Cdp rileverà dall’Eni. Un’operazione fra società pubbliche che alla fine consentirà ad Eni di avere in pancia alcuni miliardi e alla Cassa depositi e prestiti un po’ di soldi in meno. Che bisogno c’era di fare l’operazione? Risposta: così si migliora la concorrenza. Come se, passando dalla mano sinistra a quella destra la proprietà di una società, questa per effetto magico fosse portata a ridurre le tariffe. La verità è che la concorrenza e i risparmi sarebbero stati migliori se Snam fosse stata venduta, con una regolare asta pubblica,  al miglior offerente, oppure se la si fosse integrata con altre imprese del settore a livello europeo, ottimizzando le risorse. Al contrario si è deciso di procedere con un affare tutto in famiglia, spendendo 3,5 miliardi, aggirando le norme sull’Opa e rischiando la reazione dei piccoli azionisti. Se non avesse investito tutti quei soldi nella Snam, la Cassa depositi e prestiti probabilmente avrebbe potuto finanziare molte delle opere pubbliche andate distrutte col terremoto. Alle quali ora, come detto,  dovranno pensare i consumatori. Ma se a causa del metano non verrà data una mano all’Emilia, volendo si sarebbero potute trovare risorse agendo di cesoie sui bilanci delle Province, le quali nonostante ne sia stata annunciata l’abolizione continuano a spendere e spandere.  Molte delle amministrazioni che ufficialmente dovrebbero sparire, invece di prepararsi all’estinzione, pianificano spese per il futuro come se non fossero a rischio sparizione. Ieri il quotidiano Italia Oggi citava il progetto faraonico della Provincia di Milano, la quale vorrebbe farsi una super sede di trenta piani, la metà di quelli della Regione Lombardia. Ma l’ente pubblico meneghino non è il solo a pensare in grande e a dotarsi di uffici spaziosi. La Provincia di Roma, a quanto pare, ha da poco concluso un accordo per l’acquisto di due mega torri all’Eur. Un’operazione dal costo di 260 milioni, bella cifretta per un’istituzione in via di liquidazione. Ma il governo che fa, mentre gli enti spendono? A quando pare ciò che ha fatto finora: dorme. Sonni profondi i professori devono farne anche quando si parla di banche, le quali non solo si fanno pagare i bonifici da pochi spiccioli indirizzati ai terremotati, ma addirittura - secondo quanto rivela un imprenditore emiliano -  per dare un aiuto alle persone rimaste senza casa e senza lavoro dimezzano gli affidamenti alle aziende messe in difficoltà dal sisma. Roberto Fabbri, presidente di una fabbrica di ceramiche, ha raccontato al Sole 24 Ore che il giorno dopo il terremoto ha ricevuto una telefonata in cui il direttore della banca gli comunicava la riduzione al cinquanta per cento del finanziamento concesso alla sua impresa. Quando si dice una mano amica nel momento del bisogno. E i professori, i cosiddetti esperti, dove sono? La risposta ve la potete immaginare. Se c’erano dormivano tra le braccia di Morfeo. Dopo il ministro piagnens, i ministri dormiens.  di Maurizio Belpietro           

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