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Siete giustiziati? Ditelo a LiberoCosì diamo una mossa al Governo

Scrivete le cause civili che vi rovinano la vita e speditele alla mail: giustiziati@liberoquotidiano.it.
di Nicoletta Orlandi Posti domenica 17 giugno 2012

3' di lettura

  In Italia si parla di giustizia (e di malagiustizia) probabilmente più che in qualsiasi altro Paese al mondo. Ma sempre di giustizia penale: tangenti, Ruby, mafia, prescrizioni, carcerazioni facili, scarcerazioni scriteriate, errori giudiziari, ecc. Per carità, tutte cose importantissime, in grado di rovinare vite e far cadere governi: l’abbiamo visto. Tuttavia non meno devastante per le nostre esistenze da uomini della strada tendenzialmente non criminali è l’impatto della giustizia civile. Quella, tanto per intenderci, che con i suoi tempi preistorici, i suoi riti bizantini, la sua ottusità burocratica, la sua discrezionalità dispotica è in grado per esempio, come dimostra la storia che pubblichiamo oggi, di lasciare che un bene di tua proprietà ti venga sostanzialmente tolto sfruttando i meandri della legge senza che il malfattore debba pagare un euro se non, forse, in un futuro remoto in cui quella somma non servirà più assolutamente a niente. Succede tutti i giorni, in Italia. Così come succede che  vedove conducano vite di stenti per anni in attesa che un tribunale trovi il tempo, o la voglia, di pronunciarsi sul ricorso dei famigliari del morto che blocca l’eredità. O che per incassare un assegno a vuoto si attraversi un calvario processuale lungo 645 giorni (in media!) contro i 39 necessari per la stessa operazione in Olanda. Gli esempi che si potrebbero elencare sono innumerevoli. Ma noi vorremmo che foste invece voi lettori a farlo, raccontandoci le vostre storie come fa oggi Enrico Borellini. Vi abbiamo riservato una mail: giustiziati@liberoquotidiano.it. Sì: «giustiziati», ovvero vittime non della malagiustizia bensì della Giustizia civile con la G maiuscola così come (non) funziona in Italia. Scriveteci le vostre disavventure giudiziarie: noi le pubblicheremo cercando, attraverso le vostre voci, di scuotere il Palazzo, di indurlo finalmente a smetterla con le beghe e i veti ideologici e corporativi che da sempre bloccano ogni riforma del sistema giudiziario nel nostro Paese, dove per una causa civile occorrono in media 2.469 giorni e per recuperare un credito 1.210, quattro volte più che in Francia. Numeri che ci pongono al 156° posto - dopo Angola, Gabon e Guinea – in una classifica di 181 Paesi nella quale la Germania è al 9° posto, la Francia al 10° e il Regno Unito al 24°. Numeri che nella vita di tutti i giorni incidono la carne viva dei cittadini. E che, nel bel mezzo della crisi economica più disastrosa che si ricordi, costano allo Stato punti di Pil. Tanto per dire: i nostri processi sono i più cari d’Europa (il 30% del valore della causa: in Germania è il 14,4%), i nostri magistrati i meno produttivi (secondo un rapporto dell’ex ministro Brunetta lavorano quattro ore al giorno). E, soprattutto, i tempi infiniti scoraggiano l’arrivo di investitori stranieri più di ogni altro fattore, come ha impietosamente ricordato qualche giorno fa il Financial Times, il quotidiano della City londinese. Questi numeri governo e Parlamento li conoscono, ma a quanto pare ciò non basta a indurli a darsi una mossa. Trasformiamoli in storie, le vostre drammatiche storie di «giustiziati d’Italia», e vediamo se riusciamo a cambiare le cose. di Massimo De’ Manzoni  

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