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Spagna e Portogallo entrano in regime di austerità

Su le tasse, giù i salari. La penisola iberica si mette a dieta per ridurre il deficit. Sindacati già sul piede di guerra a Madrid
di Michela Ravalico sabato 15 maggio 2010

2' di lettura

Dopo la Spagna, anche il Portogallo si mette a dieta. Oggi il governo lusitano ha varato un pacchetto di misure abbatti-deficit finalizzato a rientrare nei parametri di sicurezza consigliati dalla Bce e dall'Unione Europea. Il primo ministro Jose Socrates, al termine di un incontro con il leader dell'opposizione Pedro Passos Coelho, ha illustrato i punti salienti di un piano dimagrante che dovrebbe permettera al Portogallo di ridurre del 4,8% il suo deficit nel giro di due anni, portandolo dal 9,4% del 2009 al 4,6 del 2011. Una missione sicuramente impegnativa, che per essere perfezionata ha reso necessaria la riduzione del 5% degli stipendi dei politici e del personale pubblico con maggiore anzianità e un aumento generalizzato dell'Iva dal 20% al 21%. Dovranno aprire il borsellino anche le grandi aziende con un fatturato superiore ai 2 milioni di euro. Per loro l’imposta sui benefici passerà dal 25 al 27,5%. "Queste misure sono cruciali per ristabilire fiducia nel Paese e per assicurare finanziamenti alla nostra economia", ha affermato Socrates. In Spagna - E intanto anche la vicina Spagna fa i conti con le severe misure d'austerità varate ieri dal governo di Zapatero. Oggi si sono registrate le prime reazioni contrarie al piano salva-conti. I sindacati, infatti, hanno già proclamato scioperi di protesta contro le misure del governo socialista: i primi a scendere in piazza sarà l'Unione generale dei lavoratori pubblici (Ugt) il 2 giugno. Altre iniziative di protesta, però, sono già previste a partire dal 20 maggio e non è escluso che anche la federazione sindacale Cc.Oo non indica uno sciopero generale. Anche in questo caso, infatti, il giro di vite è stato tutt'altro che indolore. Tra i provvedimenti presi per ridurre il deficit e ripristinare la "fiducia dei mercati nelle finanze del Paese", spiccano il taglio del 5% già nel 2010 degli stipendi degli statali (che resteranno congelati nel 2011) l'abolizione degli "assegni-bebe" di 2500 euro previsti per ogni nuova nascita in Spagna, il blocco per 600 milioni di euro destinati allo sviluppo, oltre alla sospensione della rivalutazione delle pensioni, prevista originariamente per il 2011. Anche per i comuni tempi duri, con gli enti più vicini al cittadino chiamati a risparmiare altri 1,2 miliardi di euro. Intanto infuria la polemica politica. Rajoy, il leader dell'opposizione, ha reagito al cambiamento di rotta del premier socialista (finora restio ai tagli), accusandolo di "improvvisare" e di avere fatto della Spagna un "paese sotto protettorato". I sindacati, invece, saranno ricevuti domani dal premier.

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