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Sakineh in video: "Ho peccato"

L'iraniana condannata a morte si autoaccusa e critica il Comitato contro la lapidazione. Dubbi degli attivisti
di Eleonora Crisafulli domenica 21 novembre 2010

2' di lettura

Da mesi la comunità internazionale si batte per impedire la lapidazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani, l’iraniana condannata a morte per adulterio e per complicità nell’omicidio del marito. Ma stanotte la stessa Sakineh, in un'intervista rilasciata alla tv pubblica e trasmessa su Channel 2, ha ammesso: "Sono una peccatrice". Poi ha puntato il dito contro Mina Ahadi, portavoce del Comitato Internazionale contro la Lapidazione, accusandola di avere strumentalizzato la sua vicenda per fini personali. Durante il servizio la donna ha il volto oscurato, si esprime in lingua azera e sullo schermo appaiono sottotitoli in farsi. Il giornalista presenta Sakineh, tralasciando la condanna alla lapidazione. Inoltre accusa l’ex avvocato della donna, Mohammad Mostafaei, e il legale che la assiste, Javid Houtan Kian, per "avere cercato scuse per chiedere asilo nei Paesi occidentali". Mostafaei è in Norvegia, mentre Kian è stato arrestato a ottobre insieme al figlio della donna, Sajjad Qaderzadeh, e a due giornalisti tedeschi.  Proprio da Sajjan arrivano altre dichiarazioni a sorpresa contro il legale in carcere: "Mi ha detto di dire che Sakineh era stata torturata. Io purtroppo l’ho ascoltato, rilasciando dichiarazioni false ai media stranieri". Da parte sua, lo stesso Kian ha confermato di "essersi raccomandato con Sajjad di mentire ai media". Giornalisti tedeschi - Il programma ha mostrato quindi per la prima volta in video i due giornalisti tedeschi arrestati a ottobre a Tabriz, nel nord-ovest dell’Iran, insieme a Sajjad e Kian. Entrambi non sono stati identificati, ma hanno ammesso di essere responsabili di "azioni illecite". Uno di loro ha criticato la Ahadi, sostenendo che la portavoce del Comitato contro la lapidazione l’aveva convinto a recarsi in Iran "perché sapeva che avrebbe beneficiato di un eventuale mio arresto. Per questo motivo, la denuncerò  quando tornerò in Germania". La replica - Immediata la replica della Ahadi: "Non stanno solo attaccando me, ma il nostro Comitato e tutti   coloro che con successo stanno portando il caso Sakineh all’attenzione  del mondo. Se non ci fosse stata questa campagna Sakineh sarebbe già stata uccisa e questo li sta facendo arrabbiare". Secondo la Ahadi, le confessioni di Sajjad, Kian e dei due giornalisti tedeschi sono state estorte con la forza. "Posso immaginare - ha concluso - che tutti loro sono stati torturati in modo che parlassero così".

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