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Auto con bomba a Reggio

Arrestato il proprietario della macchina. Il governo medita l'invio dell'Esercito nella regione
di Maria Acqua Simi sabato 23 gennaio 2010

3' di lettura

Il primo a finire dietro le sbarre per l'auto imbottita di armi ed esplosivo ritrovata ieri a Reggio Calabria, durante la visita del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è il proprietario della vettura. È stato arrestato con l'accusa di favoreggiamento. L'uomo, un carrozziere, qualche ora prima del ritrovamento aveva denunciato il furto della macchina. Intanto il governo sta meditando l'invio dell'esercito nella Regione. Angela Napoli, parlamentare pdl e componente della Commissione antimafia, ha infatti proposto l'invio dell'esercito in città. "Il ritrovamento a Reggio Calabria giovedì dell'automobile un vero arsenale bellico propone la possibilità di letture diversificate, ma sicuramente è l'immagine della potente e pericolosa dotazione con la quale la 'ndrangheta riesce a minare la sicurezza dell'intero territorio. Per tale motivo accanto alle encomiabili attività che Governo, magistratura e forze dell'ordine calabresi stanno portando avanti, sono convinta che servirebbe l'immediato invio nella città di Reggio Calabria di un elevato numero di militari", ha detto. La giornata di ieri- Un'auto carica di esplosivo e armi è stata ritrovata ieri vicino all'aeroporto di Reggio Calabria, lungo la strada che ha percorso il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella sua visita in Calabria. Si tratta di una Fiat Marea con due fucili a pompa, due pistole, due ordigni rudimentali, una tanica di benzina e tre passamontagna. Il mezzo è stato ritrovato in via Lavagnini, nella frazione Ravagnese di Reggio Calabria, a 150 metri dall'aeroporto, sul tragitto che doveva seguire il presidente della Repubblica durante la sua visita a Reggio Calabria. Nella zona sono entrati in azione gli artificieri, ma pare che la circostanza non sia da collegare alla visita del Presidente. La scoperta è stata fatta durante i pattugliamenti predisposti proprio per la visita del capo dello Stato. Gli inquirenti, che stanno indagando sul caso, hanno detto che potrebbe trattarsi di un atto intimidatorio da parte della 'ndrangheta. A Rosarno sono accadute cose brutte, pesanti. Uno scoppio di insofferenza che ha mostrato il peggio di ciò che si era accumulato nell'animo dei cittadini e degli immigrati. E' nostra responsabilita' collettiva non aver saputo prevenire. Ora dobbiamo evitare che si ripeta La visita del Presidente - Giorgio Napolitano ha incontrato in prefettura a Reggio Calabria i vertici della magistratura, delle istituzioni e della società civile. Uno dei temi principali della giornata sono stati i fatti di Rosarno. Per governare il fenomeno dell'immigrazione occorrono ''ordine e legalita''' ha detto agli studenti di Reggio Calabria il presidente Napolitano. "Bisogna garantire i flussi di ingresso legale e lavorare per una effettiva integrazione degli immigrati - ha precisato Napolitano - e compito dello Stato è fornire risorse sufficienti''. Su Rosarno il Capo dello Stato ha aggiunto: "A Rosarno sono accadute cose brutte, pesanti. Uno scoppio di insofferenza che ha mostrato il peggio di ciò che si era accumulato nell'animo dei cittadini e degli immigrati. E' nostra responsabilita' collettiva non aver saputo prevenire. Ora dobbiamo evitare che si ripeta". Poi ha aggiunto: "Quello che è accaduto a Rosarno  non deve ripetersi mai più". Ancora: "Noi rappresentanti dello Stato non dobbiamo fare fugaci apparizioni in Calabria, ma sviluppare un impegno sistematico contro la 'ndrangheta e per affermare la legalità", ha detto il presidente della Repubblica. 'ndrangheta- La battaglia condotta "con intelligenza, tenacia e preofessionalità" dalla magistratura calabrese contro la 'ndrangheta «segna una svolta che promette molto bene per il futuro della Calabria. Stiamo vivendo una pagina nuova nella storia di questa regione», ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano esprimendo piena solidarietà al procuratore generale Salvatore Di Landro, e ai procuratori di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e di Palmi,Giuseppe Creazzo per lo sventato attentato alla Procura Generale, che il capo dello stato ha definito "aggressione brutale".  

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