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Il Cav: "Fini si dimetta, abbiamo i numeri per andare avanti"

Risposta di Berlusconi alla conferenza stampa del presidente della Camera: "È lui quello lontanissimo dalla cultura liberale, ha iniettato nel nostro movimento il virus della disgregazione"
di Paolo Franzoso sabato 31 luglio 2010

2' di lettura

Due sono i concetti ben chiari che Berlusconi fa arrivare ai suoi sostenitori: 1) il governo è ben saldo e 2) Fini deve dimettersi per coerenza politica. In un messaggio ai Promotori della Libertà, il Cavaliere rivendica la scelta "sofferta ma necessaria" di scomunicare il cofondatore per essere "nelle condizioni di governare più sereni e nella chiarezza" per completare il programma. "Abbiamo i numeri per andare avanti" dice il presidente del Consiglio al suo popolo, "accantonate le polemiche inutili ci dedicheremo con determinazione alle riforme" perché "abbiamo promesso agli italiani un Paese più moderno, più libero, più sicuro, più prospero, meno oppresso dal fisco e dalla burocrazia". Oltre all'impegno davanti agli elettori, Silvio garantisce che il progetto nato dal predellino proseguirà: "Per quanto mi e ci riguarda, continuerò a lavorare per dare piena attuazione al progetto nato due anni fa". La scomunica - Berlusconi non vuole passare per quello illiberale, quello che caccia i dissidenti. Sono loro, "Fini e quei deputati che lo hanno seguito", dice il premier, che hanno "dimostrato di essere lontanissimi dalla nostra cultura liberale" perché "con il pretesto del diritto di critica, un diritto scontato nel nostro movimento hanno cercato di riportare in vita i metodi peggiori della Prima Repubblica, dalla divisione in correnti fino alla mediazione continua che paralizza tutto, e hanno iniettato nel nostro movimento il virus della disgregazione". La spiegazione della scomunica di ieri sera sta "nel metodo sistemico per svuotare, rallentare, I finiani hanno offerto una sponda ai nostri nemici: all'opposizione, ai settori politicizzati della magistratura, a certa stampa, ai peggiori giustizialistibloccare il nostro lavoro" che alcuni eletti del PdL "sostenuti purtroppo dall'onorevole Fini" hanno assunto "offrendo una sponda ai nostri nemici: all'opposizione, ai settori politicizzati della magistratura, a certa stampa, ai peggiori giustizialisti" durante un periodo difficile, "mentre il governo affrontava con successo sfide delicatissime, prima fra tutte la crisi economica più grave dal 1929". L'esempio di Pertini - Le dimissioni di Fini, per Berlusconi, sarebbero un atto dovuto per coerenza politica. "I finiani - dichiara - hanno detto che nessun presidente della Camera ha dato mai le dimissioni. Non hanno detto il vero. Nel luglio del 1969, verificatosi una situazione di divisione analoga nel Partito Socialista con la sinistra socialista, il Presidente Pertini, che era un grand’uomo e che aveva aderito alla sinistra, ritenne doveroso dimettersi e mandò a tutti una lettera con questa dichiarazione: Correttezza vuole ch’io metta a vostra disposizione il mandato da voi affidatomi. Spero che Pertini possa insegnare a qualcuno il modo in cui ci si debba comportare". Strategia - Silvio Berlusconi ha convocato a Palazzo Grazioli i vertici del partito per discutere la nuova strategia dopo i proclami di Fini e la nascita del suo gruppo parlamentare. Alla riunione partecipano, oltre al premier, i tre coordinatori del Pdl, i capigruppo di Camera e Senato e il vice capogruppo di Palazzo Madama. Sono presenti, inoltre, il sottosegretario Paolo Bonaiuti, il ministro degli Esteri, Franco Frattini e il consulente legale del Cavaliere, Niccolò Ghedini.

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