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Bestie di Satana, la mamma di Christian Frigerio: mio figlio è sepolto nel parco ma nessuno lo cerca più

In una cava ritrovati il suo cappellino e simboli satanici sul tronco di un albero. Ma gli inquirenti hanno chiuso il caso. L'appello della donna: riapritelo
di Eleonora Crisafulli domenica 12 settembre 2010

4' di lettura

Da quattordici anni sta sotto la terra nera, e le foglie, del parco Increa di Carugate. Lo hanno seppellito lì i suoi amici, le Bestie di Satana. Un sacrificio umano a Belzebù. Un corpo dannato e che si ostina a rimanere nascosto, quello di Christian Frigerio. Un corpo dimenticato da tutti, tranne che dalla madre, Anna Lia, e da Marcello Basile, il presidente dei cartomanti di Brera. Che ora chiedono di riaprire il caso e tornare a scavare: su alcuni alberi del parco sono spuntati marchi a fuoco di calici e segni diabolici. Entrambi pensano che Christian possa essere lì sotto dal giorno della scomparsa, il 14 novembre del 1996. Gli inquirenti, però, hanno smesso di sperare. Dicono che si sono già spesi troppi soldi ed energie. Sarà. Ma il diritto di una madre a dare degna sepoltura al figlio resta incontestabile. "Chiediamo solo di tornare a scavare vicino a quell'albero", dicono ora Marcello e Anna Lia. E se ciò non accadesse -aggiunge Marcello- "io sono pronto a incatenarmi a quel tronco, perché è logico che il ragazzo sia lì: ci sono i simboli satanici, c'è il cappellino, c'è la testimonianza di Maccione, una bestia di Satana, e quello è il percorso che Christian doveva fare per forza in bicicletta. Ora serve solo un po' di buona volontà: ritroviamolo". Christian ha 22 anni quando mette piede per la prima volta al Midnight Pub di Milano nell’agosto del 1996. Lì incontra i nuovi amici: sono i membri di una setta, le cosiddette Bestie di Satana. Fanno presto loro a insinuarsi nella vita del fragile ragazzo: uno, Mario Maccione, si presenta come un medium che avrebbe potuto mettersi in contatto con il padre defunto di Frigerio. Christian passa intere nottate con loro, diventando forse il testimone (scomodo) di follie e crimini a sfondo satanico e del primo di una lunga serie di omicidi. Mesi da brivido che si concludono nel peggiore dei modi possibili. Il 14 novembre Christian esce di casa con la sua bicicletta per non tornare mai più. Abbiamo chiesto alla madre di Christian di raccontarci questi 14 anni. Crede che le scritte scoperte da Basile possano portare a una riapertura del caso? Sono scoraggiata. Il caso è chiuso da un anno e per riaprirlo c’è bisogno di qualcosa di concreto. Gli ispettori mi hanno dato poche speranze. Nel 2008, quando ancora la magistratura era impegnata nelle ricerche, fu lei a trovare delle "prove": lo zaino e il cappellino di suo figlio, proprio in quel parco.  Con quale risultato? Ad aprile di quell'anno trovai un cappellino di mio figlio dietro il Carrefour di Carugate, sotto un materasso vecchio, logoro e bucato che avrà avuto almeno 10 anni. Vi erano anche dei cacciaviti arrugginiti che erano appartenuti a mio figlio. Christian li teneva in macchina. “Mi servono per il lavoro – mi disse quando io li scoprii – ma al giorno d’oggi non si può mai sapere”. Forse era già preoccupato visto le frequentazioni dell'epoca. In quel periodo una volta mi entrarono anche i ladri in casa. Dopo il ritrovamento degli oggetti, come agirono gli inquirenti? I magistrati si arrabbiarono molto perché io non li avevo chiamati ed ero andata sul posto insieme con un giornalista. Dissero che quegli oggetti erano stati posizionati ad arte, che il cronista che mi aveva accompagnato voleva fare lo scoop e non era interessato in realtà ad aiutarmi. Uno poi mi diede un consiglio: “Lei va troppo in televisione, parla troppo con i giornalisti. Dovrebbe parlare poco, perché altrimenti suo figlio non lo troviamo più". Non sono stati teneri. La verità è che ho avuto più risultati dai giornalisti che dagli inquirenti. Anche il conforto che mi avrebbero dovuto dare i magistrati me l’hanno dato invece i giornalisti. Non è stato facile sentirsi dire certe cose. Mi hanno interrogata come se fossi una delinquente. Uscendo dal Tribunale di Monza piangevo. Si cercò il corpo nel punto da lei indicato? Dissero che avevano perlustrato anche quella zona. I magistrati scavarono dove diceva Mario Maccione (una delle Bestie di Satana, ndr), ma sicuramente non ispezionarono a fondo dove io avevo trovato il berretto. Perché era sotto un materasso vecchio che avrebbero dovuto notare. In che misura ha collaborato Maccione?  Lui, da parte sua, ha collaborato per quanto ha potuto. Sembrava sincero. Era suo interesse collaborare e trovare il corpo di Christian perché in tal modo avrebbe potuto ottenere uno sconto di pena o un trattamento migliore in carcere. Purtroppo però non ha saputo indicare il punto esatto in cui è stato sepolto il corpo di mio figlio. Disse che il cadavere era nella cava di Brugherio, ma non ne era sicuro. Erano passati anni, l’ambiente era cambiato e, al momento della sepoltura, forse lo stesso Maccione neanche era presente. Dopo gli scavi nel parco Increa, come proseguirono le indagini? Mi fu detto che erano già stati spesi troppi soldi per gli scavi e per mio figlio e non si poteva scavare da un’altra parte. Ma io sono una cittadina come tutti gli altri, pago le tasse come tutti, e mio figlio era un cristiano, era una persona. Pensa che ritroverà mai il corpo di suo figlio?  No, io mi sono rassegnata a non trovare mio figlio. Ho messo una sua foto accanto alla tomba del padre. Vado lì e gli porto i fiori. Poi lo sogno e mi dice che riuscirà ad avere giustizia.

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