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Antonelli: "Europa passiva davanti alla logica della guerra"

giovedì 10 ottobre 2024

2' di lettura

“In Italia e in Europa attualmente non vi è una vera mobilitazione del mondo pacifista rispetto alla guerra in Ucraina. C’è stata all’inizio del conflitto, ma non oggi e ciò dipende da più fattori. Tra questi vi è, da una parte, la stigmatizzazione del pacifismo e, a tratti, la sua ridicolizzazione in società che danno ormai per scontata la logica della guerra. Dall’altra, c'è anche un dilemma etico che viene avvertito: si comprende che quello è un conflitto dove si giocano partite come l'indipendenza nazionale, il non vivere sotto la minaccia della superpotenza russa e il dimostrare che le democrazie occidentali non attraversano una fase di debolezza o decadenza. Aspetti che, ai nostri occhi, tendono a connotare quella come una guerra ormai ‘accettabile’”.

Ad affermarlo è Francesco Antonelli, Professore di Sociologia Generale presso l’Università degli studi Roma Tre, studioso dei rapporti tra società e guerra secondo il quale “il pacifismo è in difficoltà perché promuovere la pacificazione sic et simpliciter oggi non trova le condizioni e presupposti per attecchire. Quello che reputo preoccupante - prosegue Antonelli, che è anche Presidente della Consulta della Ricerca dell’Associazione italiana di sociologia - è che le classi dirigenti europee socialiste, popolari o liberali che siano, hanno lasciato quasi totalmente il terreno dell’opposizione alle logiche della guerra alle formazioni neopopuliste o di estrema destra (si pensi a AFD in Germania) che, in alcuni Paesi, sono legate a doppio filo con la Russia e con l’orizzonte ideologico di Putin e che, dunque, ripropongono questa opposizione in maniera falsa e strumentale. Questo rappresenta un problema politico serio per la democrazia e il futuro dell’Europa”.

Per il Professor Antonelli, inoltre, nonostante lo spettro della bomba atomica agitato dalla Russia “gli italiani non credono in un’escalation tale da coinvolgere direttamente l'Italia. Non si tratta di una sottovalutazione del rischio, che pretende comunque la massima attenzione, ma di una percezione diffusa che nasce dalla consapevolezza della tradizione italiana in chiave fortemente pacifista. Una visione, che attraversa sia la l’opinione pubblica sia la politica, che non concepiscono l'orizzonte di una guerra in cui l'Italia venga coinvolta in prima linea: il nostro interesse nazionale, tradizionalmente, non viene affermato attraverso lo strumento militare. Gli interventi delle nostre forze armate all'estero, infatti, sono sempre stati motivati con il fine di garantire condizioni di pacifica convivenza, quando queste siano venute meno (peacekeeping). In conclusione – sottolinea l’esponente dell’Ais – l’Italia e l’Europa si trovano in una preoccupante situazione di passività politica: più che agire autonomamente – e questo vale sia per la politica che per la società civile - sono agite dalla logica della guerra. I cui ‘fili’ sono mossi, in positivo e in negativo, dalle scelte delle grandi potenze”.

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