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Cnpr forum, "rilanciare il potere d’acquisto delle famiglie"

lunedì 26 maggio 2025

5' di lettura

“L’inflazione ha colpito duramente durante gli anni post pandemici. Quello dell’inflazione non è un concetto astratto ma una tassa occulta che pesa sull’economia e sul potere d’acquisto delle famiglie in maniera chirurgica. Dopo la pandemia, con la guerra in Ucraina, abbiamo assistito a un aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia che ha influito pesantemente con l’aumento delle materie prime e dei beni di prima necessità. Una voragine è stata aperta dalla BCE che repentinamente ha alzato i tassi d’interesse che sono aumentati quasi il doppio. Tuttavia, ad aprile, secondo gli ultimi dati, abbiamo assistito a un lieve incremento degli stipendi e della paga oraria. Il governo ha compiuto grossi sforzi con il taglio del cuneo fiscale del sei/sette per cento per aumentare il potere d’acquisto degli italiani soprattutto per i  ceti medio bassi, la riforma fiscale con l’accorpamento delle aliquote e ancora il bonus bollette replicato lo scorso mese. Ancora non è sufficiente, dobbiamo rendere strutturali alcune misure farle uscire dalla dimensione del bonus, c’è necessità di intervenire ulteriormente sul taglio del cuneo fiscale e rendere competitive le nostre aziende”. Lo ha dichiarato Chiara Tenerini, deputata di Forza Italia in Commissione Lavoro a Montecitorio, nel corso del Cnpr forum “Salari bloccati e costi in salita: l’Italia che lavora è in difficoltà?”, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.

“Il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito molto in questi anni - ha sottolineato Paolo Ciani (Pd-Idp), segretario della commissione Affari sociali alla Camera dei deputati - come confermato anche dai dati Istat. Nonostante il governo abbia provato ad adottare alcune misure come il carrello alimentare, oggi ci troviamo con i cittadini alle prese con prezzi dei beni diventati esorbitanti. Come fa una famiglia dove entrano mille euro al mese ad andare avanti? C’è una congiuntura internazionale che ha colpito il settore dell’energia provocando il caro bollette e anche qui l’intervento del governo è stato insufficiente. Bisogna intervenire sul sistema alimentare tenendo presente che gli stipendi sono rimasti invariati e poi bisogna intervenire sugli extra profitti di chi in questi anni ha guadagnato moltissimo sulla pelle dei cittadini. Il tema dei salari bassi è un tema vero che tocca tantissimi ambiti lavorativi. La differenza con gli altri Paesi europei è sempre più evidente. In Italia si lavora molto e si guadagna di meno. Adeguare i salari è l’unica risposta concreta partendo dai tanti lavori sottopagati come ad esempio quelli degli insegnanti”. 

Secondo Paola Mancini (FdI), segretario della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni del lavoro in Italia, “la crisi economica è globale e tutti ce ne siamo resi conto, continuano a essere anni pesanti. Sicuramente l’aumento dei costi dell’energia ha poi conseguentemente generato il sistema inflazionistico che ha visto ridurre il potere d’acquisto delle famiglie. Oggi la crescita è costante anche se contenuta e solo parzialmente c’è il recupero del potere d’acquisto dei salari. Gli interventi possibili possono essere di due generi: possono avere un effetto immediato o ravvicinato e un altro invece è di medio e di lungo periodo. Il governo da subito si è adoperato e continuerà a farlo con quelle politiche anche locali che sappiamo essere fondamentali per sostenere le fasce economicamente più fragili e quindi le famiglie più bisognose e questa è una risposta che definirei emergenziale e non strutturale. Per superare il gap e rilanciare il potere d’acquisto degli stipendi che si trasforma in una linfa per i consumi interni occorrono interventi di lungo respiro proiettati nel futuro. Provvedimento efficace è sicuramente la riduzione del cuneo fiscale che continuerà con un’analisi completa con provvedimenti strutturali anche per quello che riguarda la riforma del fisco che si attendeva da cinquanta anni”. 

Critica Valentina Barzotti (deputata del M5s in Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni del lavoro in Italia): “Le famiglie stanno vivendo un momento difficile perché fanno davvero tanta fatica ad arrivare alla fine del mese. In Italia abbiamo più di quattro milioni di lavoratori poveri quello che si può fare è introdurre una soglia di retribuzione legale sotto la quale non si possa andare, quindi un salario minimo per legge. Questa proposta non è la panacea di tutti i mali ma va a intervenire in tutte quelle platee di lavoratori a bassa redditività che poi rappresentano la maggior parte delle nuove occupazioni. Necessario innestare anche la contrattazione collettiva che consente di defiscalizzare i rinnovi contrattuali con più soldi in busta paga per i lavoratori. I salari sono in stagnazione da oltre trent’anni oltre a un problema di produttività legata alla formazione e alla transizione tecnologica che non ha precedenti. Con l’arrivo dell’Intelligenza Artificiale è evidente sia necessario andare a formare i lavoratori per evitare che ci sia un effetto sostitutivo drammatico. Il rischio che si corre è che in assenza una formazione adeguata il lavoratore venga ulteriormente marginalizzato ancora di più”. 

Nel corso del dibattito, moderato da Anna Maria Belforte, il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Elisabetta Polentini, commercialista e revisore legale dell’Odcec di Roma: “L’inflazione ha colpito diversi settori e l’impatto pesante è su bollette e beni alimentari. Il costo della vita è aumentato gli stipendi no. Lo Stato deve azionare leve concrete per rilanciare il potere d’acquisto delle famiglie. Iniziamo col dire che la nostra Costituzione sancisce il diritto a una retribuzione sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa in alcuni programmi elettorali si è parlato di normare un salario minimo di nove euro lordi l’ora, c’è da chiedersi se l’importo che ne scaturisce possa essere in grado di garantire la dignità di un lavoratore e della sua famiglia. E’ sicuramente un passo per valorizzare erga omnes i trattamenti economici soprattutto per quei settori che subiscono il fenomeno del dumping contrattuale. Di contro va considerato che le piccole e medie imprese potrebbero avere difficoltà a sostenere l’aumento del costo del lavoro. Quindi il raggio d’azione politico deve avere una visione molto più ampia. Oltre al tema dei bassi salari l’Italia fa i conti con una produttività che cresce troppo lentamente. Non è solo un problema di retribuzioni ma serve intervenire anche su innovazione, formazione e qualità del lavoro”.  Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili: “Quando si parla di cuneo fiscale in realtà si parla di un intervento sul cuneo previdenziale, perché lo sconto che viene fatto al lavoratore riguarda le trattenute INPS che vengono decurtate a seconda della fascia di retribuzione fino al 7,15 per cento. Tutto questo diventerà a lungo temine un minore accantonamento nel montante retributivo di tutti i lavoratori”.

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