Andrà in scena stasera nello splendido anfiteatro di Alba Fucens sede del Festiv’Alba (a Masse d’Albe in provincia de L’Aquila) la prima nazione de L’Oreste di Euripide nell’adattamento e regia di Alessandro Machìa, produzione Làros di Gino Caudai e Compagnia Zerkalo. Si tratta della tragedia che segna un passaggio decisivo nella storia del teatro e del pensiero classico. La libertà, infatti, diventa l’elemento e probabilmente il fine centrale dell’opera del grande drammaturgo. Per la prima volta più dirimente rispetto allo stesso elemento fino ad alllra di “catarsi” (purificazione) connaturato alla storia del tragico greco. Lo spettacolo sarà successivamente presentato al Plautus Festival di Sarsina (FC) (12 agosto) e al Tindari Festival (30 agosto), in una tournée estiva che coinvolge tre importanti festival di teatro classico.
Nel ruolo di Oreste l’attore Marco Imparato. Pino Quartullo interpreta Tindaro e il dio Apollo. Giulio Forges Davanzati è Pilade, Alessandra Fallucchi veste i panni di Elettra, Claudio Mazzenga è Menelao, Silvia Degrandi interpreta Elena, Alessia Ferrero è Ermione. Completano il cast Tommaso Garrè nel doppio ruolo del Messaggero e del Frigio, e Valeria Cimaglia nel ruolo del Coro.
L’allestimento è firmato da Annalisa Di Piero per scene e costumi, Giuseppe Filipponio per le luci, Giorgio Bertinelli per il suono. Tommaso Garrè è aiuto regia, Adele Di Bella assistente alla regia. Il progetto nasce da un lavoro di riscrittura e lettura scenica del testo euripideo, con particolare attenzione alla componente tragica e filosofica dell’opera.
L’Oreste di Euripide, composto nel 408 a.C., è un testo che affronta i temi della responsabilità, della giustizia e del rapporto tra l’umano e il divino in un momento di crisi della polis ateniese.
Al centro del dramma, la figura di Oreste, perseguitato dal rimorso e da una giustizia terrena e divina che si mostra inefficace, diventa occasione per una riflessione sull’autonomia dell’individuo e sull’illusione della conciliazione imposta dall’alto. L’intervento finale del dio Apollo non risolve il conflitto, ma sottolinea l’impossibilità di una catarsi reale.
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