Un piccolo borgo sul lago, le Dolomiti a fare da sfondo, un’Italia stretta tra il ventennio fascista e la seconda guerra mondiale. In mezzo, cinque persone morte in circostanze misteriose, in una comunità di poche centinaia di anime. Tutti gli ingredienti giusti per un romanzo giallo, eppure, proprio grazie alla penna di un giornalista e scrittore, gli investigatori riuscirono a far luce su cinque efferati omicidi, consumati tra il 1933 e il 1946, noti come i delitti di Alleghe, piccola realtà in provincia di Belluno. Dei misteri di quella incredibile scia di sangue, per anni celata dietro ipotesi di suicidio e omertà, si è occupato il programma Incidente Probatorio – Cronache d’estate, in onda sul canale 122 Fatti di Nera. Emma De Ventura, Carolina Finazzer, Umberto Giovanni Da Tos e i coniugi Luigi e Luigia Del Monego: sono questi i nomi delle cinque vittime accertate. Ma i protagonisti dell’incredibile trama del giallo sono altri: il giornalista Sergio Saviane, che in quei luoghi trascorreva la villeggiatura ogni anno, e il brigadiere dei carabinieri Ezio Cesca, che partì proprio da un articolo per incastrare gli assassini, riuscendo a infiltrarsi nella piccola comunità di Alleghe, addirittura fidanzandosi con una donna del posto per arrivare alla verità.
Aldo e Adelina Da Tos e Pietro De Biasio, tutti legati alla famiglia più ricca e potente del piccolo paese, furono condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Belluno, sentenza confermata anche in appello e Cassazione negli anni ’60. Aldo e Pietro furono dichiarati colpevoli della morte di Carolina Finazzer e dei coniugi Del Monego, Adelina solo della morte della Finazzer. Nel frattempo, l’omicidio di Emma De Ventura cadde invece in prescrizione e di quel delitto non si scoprirà mai il vero movente. Giuseppe Gasperin venne condannato a trent’anni, di cui sei condonati per aver contribuito, con la sua confessione, a far arrestare gli altri responsabili.
“Sergio Saviane, da turista di quei luoghi, scoprì questa storia e finì per scrivere un articolo d’inchiesta” – ha spiegato Angela Marino, giornalista di cronaca nera – “nel quale tracciò un parallelo con Montelepre, in Sicilia, all’epoca del bandito Giuliano, paragonandola all’omertà e alla complicità dei residenti di Alleghe. Riuscì a trasformare quelle morti sfortunate, quei suicidi, in omicidi seriali. Omertà e complicità esistono in quelle micro-comunità dove vige una forte coesione sociale, si intrecciano legami di parentela e si condividono interessi economici e commerciali: dire la verità significa tradire un amico, un parente, un cliente, qualcuno con cui si hanno rapporti di interesse. Questo, ad esempio, può collegare Alleghe a Garlasco e Avetrana: l’elemento comune è la dimensione molto ristretta, dove chi ricatta il signore del posto può perdere la vita. È il caso dei coniugi Del Monego, che avevano assistito a uno dei delitti, arrivarono a minacciare i Da Tos, anche rischiando ritorsioni, e furono uccisi in un vero e proprio agguato in stile mafioso, a colpi di pistola in strada”.
“I Da Tos ricordano quelle famiglie locali molto potenti sul territorio” – ha sottolineato Cinzia Mammoliti, consulente criminologa e giuridica – “ma Saviane iniziò a indagare ugualmente negli anni ’50, trovò un nesso tra gli omicidi e scrisse quell’articolo, per il quale fu addirittura querelato dai titolari dell’albergo e della macelleria, e condannato per diffamazione a mezzo stampa. L’articolo, però, servì a innescare le indagini, che partirono non solo per l’interesse narrativo, ma grazie anche a un forte bisogno di giustizia vissuto da quel carabiniere. Nel frattempo Saviane non si fece intimidire dalla denuncia, andò avanti e negli anni ’60 scrisse anche un libro sul caso, mentre Cesca, il brigadiere, con quella sua sete di giustizia, portò avanti le indagini, fino al processo, che dopo 33 udienze portò alla condanna all’ergastolo per i responsabili. Questa storia dimostra come senza gli infiltrati tante indagini non sarebbero mai state concluse. Forse, in certi casi, servirebbe maggiore libertà per raccogliere prove”.
Per Andrea Velardi, filosofo, psicologo e docente Unicusano, questo caso è l’esempio di come “la passione per la scrittura si fa investigazione e la risoluzione del caso parte dalla narrativa. L’omertà va sempre a braccetto con un contesto di intimidazione, anche per Garlasco se ne parla. C’è qualcosa che richiama il personaggio di Da Tos, una sorta di boss del villaggio che ha in mano l’economia, proprietario dell’albergo centrale e della macelleria, attorno a cui accadono episodi simili alla lupara bianca, in un palese contesto di intimidazione dove chi sbagliava, moriva. La moglie fu la seconda vittima: neosposa, aveva reagito male a una confessione e venne uccisa. Le indagini, poi, vanno avanti in silenzio, grazie all’empatia e alla grande capacità di immedesimarsi del brigadiere Cesca, che raccoglie prove utili sia sul piano investigativo che su quello della giustizia processuale, fino ad arrivare alla prova regina: la confessione del reo. Alla fine di tutto l’iter, arrivò anche la grazia per Adelina Da Tos, concessa dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini come atto di umanità: lei aveva ormai 73 anni, aveva partecipato ad un solo delitto e la grazia le fu concessa per motivi di salute con una storia ormai chiusa da tempo, mentre gli altri assassini morirono in carcere”.
“Si potrebbe dire che la storia si ripete” – ha aggiunto l’avvocato Valerio Lombardi – “con il caso riaperto dopo tanti anni. Mi meraviglia che su questa vicenda non esista una serie tv, eppure ci sono tutti gli elementi: lo scrittore e giornalista, il semplice brigadiere dei carabinieri, una serie di delitti inspiegabili, la verità scoperta praticamente in osteria davanti a un bicchiere di vino. Tra l’altro, tra DNA e prove scientifiche, questa parte personalistica delle indagini oggi un po’ si è persa”.
La puntata sui delitti di Alleghe è disponibile sulla piattaforma Cusanomediaplay.it