Il Welfare Aziendale non è solo un insieme di benefit, ma un potente strumento di crescita economica e sociale. Lo afferma Giuseppe Ligotti, esperto in Welfare Aziendale, benessere organizzativo e relazioni umane in impresa, ideatore del metodo “Aggregatore Aziendale”. Ligotti ha affiancato numerose realtà nello sviluppo di strategie di ascolto e valorizzazione dei dipendenti che lo ha portato nel maggio del 2025 a ricevere il Le Fonti Awards come “Consulente HR dell’Anno per le Politiche di Welfare Aziendale". Il suo metodo, l’Aggregatore Aziendale, sta rivoluzionando il modo in cui le imprese ascoltano e rispondono ai bisogni delle persone.
Dott. Ligotti, partiamo dal riconoscimento ricevuto: cosa significa per lei il premio come Consulente HR dell’anno?
Ricevere il Le Fonti Awards è stato un grande onore e una conferma del valore di un lavoro che porto avanti da anni con passione. Il premio non è solo un riconoscimento personale, ma soprattutto un segnale importante: le politiche di Welfare basate sull’ascolto delle persone non sono un “plus”, ma una necessità per le aziende che vogliono crescere in modo sostenibile.
Cosa intende esattamente per “ascolto”?
Intendo un ascolto reale, profondo, strutturato. Non basta inviare un questionario una volta l’anno. Bisogna costruire un dialogo costante con i dipendenti, capire cosa li motiva, cosa li preoccupa, cosa potrebbe migliorare la loro vita lavorativa e personale. È da qui che nasce l’idea dell’Aggregatore Aziendale, un modello che aiuta l’azienda a raccogliere e interpretare i bisogni delle persone, trasformandoli in soluzioni concrete.
Ci fa un esempio pratico di cosa prevede questo metodo?
Il metodo è flessibile e adattabile a ogni realtà aziendale. Può includere servizi di supporto alla genitorialità, assistenza sanitaria integrativa, percorsi formativi su misura, programmi di conciliazione vita-lavoro, convenzioni con strutture locali… L’obiettivo è costruire un ambiente in cui le persone si sentano riconosciute e valorizzate. E quando questo accade, la produttività cresce e l’assenteismo cala in modo significativo.
C'è quindi un ritorno concreto anche per l’azienda?
Assolutamente sì. Spesso si pensa che il Welfare sia un costo, ma in realtà è un investimento ad altissimo rendimento. I dati lo dimostrano: lavoratori più motivati, meno turnover, maggiore engagement, migliori performance. Il benessere organizzativo si riflette direttamente sul bilancio.
Ma l’impatto del Welfare va oltre i confini aziendali, giusto?
Esatto. C’è un effetto sistemico che coinvolge l’intero tessuto economico. Quando le famiglie vedono migliorare il loro benessere, cresce anche il loro potere d’acquisto. Questo alimenta i consumi interni e contribuisce all’aumento del Prodotto Interno Lordo (PIL). In un Paese come l’Italia, dove la domanda interna è cruciale, il Welfare aziendale può diventare una leva importante anche per la crescita economica nazionale.
Perché secondo lei molte aziende fanno ancora fatica ad adottare politiche di Welfare evolute?
Spesso manca la cultura organizzativa adeguata o la capacità di strutturare strategie di lungo periodo. In altri casi, si tratta semplicemente di non sapere da dove cominciare. È proprio qui che entra in gioco la figura del consulente HR, non come esterno che impone soluzioni, ma come facilitatore del cambiamento. Il mio compito è costruire insieme all’azienda un percorso personalizzato, realistico, sostenibile.
Qual è il messaggio che vorrebbe lasciare agli imprenditori italiani?
Che il Welfare non è un lusso, ma un’opportunità concreta. Ascoltare le persone è la chiave per costruire un’impresa solida, resiliente, capace di attrarre talenti e generare valore. Le aziende che sapranno mettersi in ascolto oggi, saranno quelle che guideranno il cambiamento domani.