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ARI ASTON ALLA FESTA DEL CINEMA

di Annamaria Piacentini sabato 18 ottobre 2025

2' di lettura

Una minipress, lontana dalla conferenza ufficiale era quasi un atto dovuto al regista statunitense Ari Aston e alla sua “western” comedy dark. Un face to face dove eravamo in cinque a parlare con un genio della cinepresa. Il suo “Eddington”, interpretato da Emma Stone, Joaquin Phoenix, Austin Butler, Amèlie Hoegerle (oggi nei cinema), è ambientato in un’America grigia, dove l'identità sembra non esserci più. Ari, autore e produttore del suo film, è giovane, ha successo forse anche per il coraggio e la forza con cui racconta le sue storie. Mentre ti scruta dietro i suoi eleganti occhiali, siamo fieri di essere li, ricordando altri suoi film di successo: “Hereditary” e Mid Sommer”. Ecco come ha risposto alle nostre domande:

 Aston, il suo film appare molto vicino alla realtà, cosa sta accadendo?

 “Credo che in un certo senso ciò che stiamo vivendo sia un po' la conseguenza anche dovuta ai media. Siamo sempre più lontani gli uni dagli altri. E la disumanizzazione è diventata anche un problema più grande, l'esperimento si è dimostrato fallace”.

Cosa la spaventa?

“Le armi. Non c'è una visione completa. Del resto, quanto più propini pregiudizi alle persone, più loro tengono fede. È un dato di fatto”.

Il film?

“Quello che volevo era di tirarmi indietro per affrontare un panorama completo della vita attuale”

Ecco, parliamo del suo film “Eddington”. Qual è l'aspetto più importante?

“Il fatto che le persone non sono più in grado di accettare il punto di vista dell'altro. Credo che nel panorama che ci è vicino, ci sia ben poco di rassicurante”.

Come si cambia?

“Dovremmo crearci una nuova realtà, fare un film in questo momento, ti deprime.”

Infatti, il suo film è considerato un horror sociale...ma ai fan bisogna dare ciò che vogliono, giusto?

“Mi seguono in tanti, però non so cosa vogliono davvero i miei fan. Credo che sia il dovere di ogni autore mettere in scena tutto ciò che riguarda i nostri giorni. Volevo anche parlare della cultura americana. Non farne un film politico, ma forse sulla politica. Una guerra che vorrei fare? Far ridere me stesso. Questo sì che mi darebbe un po' di serenità”.

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