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"La sfida della formazione universitaria passa per l'online"

giovedì 23 ottobre 2025
"La sfida della formazione universitaria passa per l'online"

5' di lettura

Un modello di inclusione e accessibilità
Le università telematiche costituiscono una realtà ormai consolidata e centrale nel panorama dell’istruzione superiore italiana. Con oltre 305.000 iscritti e 120.000 nuovi immatricolati nell’anno accademico 2024/2025, rappresentano la principale piattaforma di accesso alla formazione universitaria per chi lavora, vive lontano dai grandi centri o deve conciliare studio e vita familiare.

Secondo le stime del settore, circa l’80% degli studenti telematici è già occupato, mentre il 70% non avrebbe potuto iscriversi a un ateneo tradizionale senza la flessibilità offerta dalla didattica online. Si tratta di un modello che ha ampliato la platea dei laureati, contribuendo in modo concreto al miglioramento del capitale umano e al rafforzamento del diritto allo studio.

Come ha osservato Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro: «Gli esami a distanza non devono essere considerati una misura straordinaria, ma riconosciuti come una risorsa strutturale e strategica all'interno del sistema universitario». «Per migliaia di studenti lavoratori, questa modalità rappresenta uno strumento imprescindibile per conciliare il percorso formativo con le esigenze della vita professionale. Limitare o eliminare gli esami online significherebbe, di fatto, escludere una parte significativa della comunità studentesca: persone che, con impegno e sacrificio, investono nel proprio futuro. Mi auguro che il tavolo di lavoro avviato presso il ministero dell'Università e della Ricerca possa proseguire verso un orientamento favorevole, affinché si continui a promuovere un'educazione realmente inclusiva e innovativa. Nelle more, sarebbe opportuno introdurre tempestivamente un decreto di proroga, vista la difficile congiuntura economica e la condizione di precarietà che colpisce molti giovani». E ha concluso: «È fondamentale tutelare il diritto allo studio e garantire pari opportunità di successo a ogni studente, indipendentemente dalla propria condizione lavorativa. In un contesto di crescente fragilità socio-economica tra le fasce giovanili, non sorprenderebbe se eventuali restrizioni portassero a forme di protesta collettiva o class action».

Le parole di Durigon sintetizzano un principio di fondo: la formazione telematica non è una soluzione emergenziale, ma una forma stabile e matura di istruzione universitaria, che integra il sistema tradizionale e ne estende la portata.

Una trasformazione sostenibile e coerente con gli standard europei
La digitalizzazione dell’università italiana si inserisce in un contesto internazionale in cui l’istruzione a distanza è ormai componente strutturale dei sistemi formativi. Secondo Eurostat, nel 2024 circa il 33% dei cittadini europei tra i 16 e i 74 anni ha seguito un corso online o utilizzato materiali di apprendimento digitali nei tre mesi precedenti. In alcuni Paesi del Nord Europa, come Irlanda (61%), Paesi Bassi (59%) e Finlandia (53%), la partecipazione a programmi di formazione digitale ha già superato la soglia di maggioranza.

Il mercato europeo dell’e-learning è stimato in oltre 100 miliardi di dollari nel 2024 e destinato a più che raddoppiare entro il 2033, con un tasso di crescita annuo superiore al 10%. In parallelo, molti atenei europei hanno introdotto corsi interamente online o ibridi, con un’incidenza che in alcune università supera il 60% dell’offerta didattica complessiva.

In questo quadro, l’Italia si muove nella stessa direzione, contribuendo alla costruzione di un sistema universitario più flessibile, sostenibile e in linea con gli obiettivi della digital transition europea.

Come ha ricordato Luca Toccalini, deputato e coordinatore della Lega Giovani: «Lavoratori, mamme, persone con disabilità e studenti all'estero hanno scelto le università telematiche contando sulla possibilità di sostenere gli esami a distanza, in piena sicurezza e trasparenza. Mantenere la modalità online per le prove d'esame significa non solo rafforzare il diritto allo studio, ma anche ridurre gli spostamenti di centinaia di chilometri, contribuendo concretamente alla sostenibilità ambientale. Guardiamo al futuro: a un'università più moderna, accessibile e sostenibile, capace di cogliere le opportunità offerte dalla digitalizzazione».

La formazione telematica, oltre ad ampliare la partecipazione, produce benefici ambientali misurabili, riducendo costi di mobilità e consumo di risorse, e promuovendo un modello coerente con gli standard europei di sostenibilità.

L'università come infrastruttura produttiva
Nel dibattito sulle competenze e sulla competitività del Paese, la formazione telematica rappresenta anche una risorsa economica. Secondo Antonio Visconti, presidente della FICEI, la didattica digitale è ormai un fattore produttivo, non solo culturale: «Le università telematiche sono parte integrante del tessuto produttivo del Paese e rappresentano una delle poche vere rivoluzioni sociali e industriali degli ultimi anni. Collegano la formazione al lavoro reale, consentendo a migliaia di persone di aggiornarsi, specializzarsi o completare il proprio percorso di studi senza abbandonare l’attività professionale. È una leva straordinaria per la crescita delle competenze e la riduzione del divario tra domanda e offerta di lavoro qualificato». Per Visconti, «In un’Italia che vuole restare competitiva nei settori chiave della transizione digitale, energetica e tecnologica, la formazione online non è un’alternativa di comodo ma un pilastro della modernità. Dobbiamo immaginare un ecosistema del sapere in cui università, imprese e territori collaborano in modo continuo, superando la separazione tra accademia e produzione. Le aree industriali possono diventare luoghi di formazione attiva, dove il sapere accademico si traduce in innovazione, brevetti e occupazione qualificata. È il modello su cui si fonda la nuova economia della conoscenza, e che non può prescindere dagli strumenti digitali».

Una tendenza globale: dagli Stati Uniti all’Italia
Anche al di fuori dell’Europa, la formazione digitale ha assunto un ruolo di primo piano. Negli Stati Uniti, l’ultimo ranking di U.S. News & World Report ha valutato oltre 1.800 programmi di laurea online, confermando la centralità del settore nel panorama accademico.
La Western Governors University, con sede nello Utah, è oggi una delle più grandi università interamente online al mondo, con oltre 150.000 studenti attivi tra corsi undergraduate e postgraduate. Il modello, basato su verifiche digitali e tutoraggio personalizzato, è diventato un punto di riferimento per la formazione continua di professionisti e manager.

Anche diversi sistemi universitari statunitensi, come le Universities of Wisconsin, hanno avviato portali dedicati ai corsi telematici, a conferma della progressiva convergenza tra istruzione pubblica e piattaforme digitali.

L’esperienza internazionale mostra dunque che la formazione a distanza non è una deviazione dalla norma, ma una nuova normalità della conoscenza globale.

Il futuro della formazione italiana
Le università telematiche hanno dimostrato di poter coniugare accessibilità, sostenibilità e competitività, contribuendo a ridurre il divario formativo che separava l’Italia dai principali Paesi industrializzati.
La sfida dei prossimi anni sarà consolidare questo modello, investendo in qualità, infrastrutture e cooperazione tra mondo accademico, imprese e istituzioni.

La formazione online non sostituisce l’università tradizionale, ma ne completa la missione pubblica, estendendo il diritto allo studio e rendendo la conoscenza un bene realmente condiviso.
In questa prospettiva, l’Italia si colloca pienamente nel solco delle democrazie avanzate, che considerano la didattica digitale non una possibilità marginale, ma una funzione permanente della società della conoscenza.