Carenza di posti letto e “sanitarizzazione” del settore: l’imprenditore friulano spiega come sta cambiando l’assistenza agli anziani.
Massimo Blasoni, fondatore e proprietario del gruppo Sereni Orizzonti, secondo operatore in Italia nella costruzione e gestione di Residenze sanitarie per anziani con 6.500 posti letto e 3.800 dipendenti, analizza l’evoluzione del settore tra Nord e Sud del Paese ed il progressivo cambiamento delle residenze: da semplici case di riposo a vere e proprie strutture sanitarie di prossimità.
Blasoni, oggi si parla spesso di un’Italia a due velocità anche nel settore delle RSA. Quanto è profondo il divario tra Nord e Sud?
"È un divario significativo: secondo studi Istat, in alcune regioni del Sud i posti disponibili sono addirittura inferiori a 3 ogni 1.000 residenti, contro i 10 del Nord-Est. Sono il primo a sostenere che gli anziani debbano il più possibile restare nell’ambito familiare, tuttavia se le condizioni sanitarie lo impongono è preferibile l’accoglimento in una residenza sanitaria protetta. Al Sud mancano oggettivamente posti letto".
Quali sono le cause di questa disparità?
"Le ragioni sono molteplici. Da un lato l’assistenza in famiglia è più sentita al Sud, dall’altro le regioni del Nord hanno storicamente programmato prima l’assistenza residenziale, con una rete di convenzioni e accreditamenti più capillare. Nel Sud probabilmente le Regioni hanno investito di meno e a ciò si aggiunge anche una minore presenza di operatori strutturati e un minor numero di investimenti privati".
Sereni Orizzonti sta investendo anche al Sud. Qual è la vostra strategia?
"Da anni abbiamo deciso di portare il nostro modello di Residenza sanitaria per anziani anche nel Mezzogiorno: residenze sicure, sostenibili e rispettose dei principi ESG. Abbiamo già strutture attive in Sicilia e Sardegna, regioni in cui di recente abbiamo dato corso ad un importante piano di nuove acquisizioni. Ogni nuova apertura significa posti di lavoro qualificati e servizi di prossimità per le famiglie. Speriamo di contribuire a colmare il gap territoriale, questo richiede però collaborazione tra operatori privati e parte pubblica, a cui chiediamo meno burocrazia e più interventi a favore delle famiglie".
Nel frattempo le RSA stanno cambiando identità. Sono sempre meno “case di riposo” e sempre più luoghi di cura?
"Assolutamente sì. Le RSA di oggi non sono più strutture assistenziali per anziani con lievi patologie, ma vere e proprie unità sanitarie territoriali. Accogliamo ospiti con patologie complesse, Alzheimer, Parkinson, malattie degenerative. La sanitarizzazione del settore è una realtà: servono infermieri, fisioterapisti, psicologi. Questo comporta investimenti importanti in formazione, tecnologie e standard qualitativi".
È un’evoluzione naturale o una necessità imposta dal sistema sanitario?
"Direi entrambe le cose. La contrazione dell’offerta ospedaliera e l’obiettivo della massima appropriatezza nei ricoveri hanno contribuito ad affidare alle RSA un ruolo, anche nelle post acuzie, in parte svolto dal sistema ospedaliero in passato. Le famiglie, d’altra parte, chiedono sempre più servizi professionali e tutela anche sanitaria: servono però regole omogenee tra le regioni, tempi certi per l’accreditamento ed il convenzionamento. E soprattutto serve una programmazione nazionale che consideri il fabbisogno reale di posti letto, con una maggiore attenzione alle regioni del Sud. L’obiettivo è un welfare più uniforme nel Paese".
Qual è il contributo del privato nel settore?
"Ci sono molti investimenti privati ma pochi gruppi strutturati su base nazionale. Per quanto riguarda Sereni Orizzonti abbiamo avviato un piano quadriennale di oltre 200 milioni di euro di investimenti, che comprende nuove costruzioni, riqualificazione delle strutture esistenti e digitalizzazione dei processi. Le nostre RSA di nuova generazione sono domotiche, sostenibili e integrate con i servizi territoriali".
La mancanza di personale rimane un grande problema?
«Purtroppo sì, è un problema cronico. Mancano infermieri e OSS e questo mette in difficoltà tutto il settore. Servono politiche di formazione più incisive, più borse di studio e percorsi che attraggano i giovani verso queste professioni, fondamentali per garantire la qualità dell’assistenza. Per far fronte in parte al problema, nel 2019 abbiamo fondato Work On Time, agenzia per il lavoro con sede a Udine, che si occupa molto di formazione e recruiting anche, ma non solo, in ambito sanitario.»
L’agenzia per il lavoro, unica con sede in Friuli-Venezia Giulia, punta sulla formazione e guarda anche all’estero per trovare operatori qualificati. La carenza di personale sanitario è oggi una delle principali criticità del sistema socio-sanitario italiano. Una criticità che scontano in particolare anche le Residenze Sanitarie per Anziani. Mancano infermieri, operatori socio-sanitari e fisioterapisti. A spiegarlo è Paolo Bargnesi, responsabile dello sviluppo di Work On Time, agenzia per il lavoro generalista di proprietà del gruppo SO Holding, con sede a Udine e filiali in tutta Italia.
«La domanda di personale sanitario è esplosa negli ultimi anni – sottolinea Bargnesi – ma il numero di professionisti formati non è sufficiente. Gli OSS e gli infermieri qualificati vengono contesi da ospedali, RSA e strutture territoriali. Serve una strategia nazionale per la formazione e il reclutamento, non interventi isolati».
Per fronteggiare la crisi di organico, Work On Time ha avviato anche progetti di recruiting internazionale, in particolare con infermieri provenienti dall’India e da altri paesi. «Si tratta di professionisti con una preparazione tecnica solida e grande motivazione – spiega Bargnesi – Naturalmente è necessario accompagnarli con programmi di integrazione linguistica e culturale, ma rappresentano una risorsa importante per garantire continuità ai servizi».
L’altra parola chiave è formazione. L’agenzia collabora con enti e scuole professionali per promuovere percorsi dedicati agli operatori socio-sanitari e corsi di aggiornamento costante. «Chi lavora in una RSA deve conoscere protocolli sanitari, tecniche di movimentazione, comunicazione con le famiglie. È un lavoro che richiede competenze e sensibilità, non solo buona volontà».
Secondo Bargnesi, «il futuro del settore passa da un binomio imprescindibile: qualità e formazione. Dobbiamo formare nuovi professionisti e valorizzare quelli già in servizio. Solo così potremo sostenere l’evoluzione delle RSA, sempre più sanitarizzate e integrate con il sistema pubblico».