Una donna straordinaria che ai Nastri d’Argento ha dedicato molti anni della sua vita, facendone un mito assoluto. Lo aveva dichiarato anche il regista Martin Scorsese: «Dopo gli Oscar il premio più incisivo sono i Nastri d’Argento».
Infatti, la Delli Colli ha superato mille peripezie per mantenerli sempre in prima linea, con coraggio, forza e amore. Se non ci fosse stata lei, in un Paese dove ogni giorno si inventano premi e molti non sanno fare la differenza, i Nastri chissà che fine avrebbero fatto. Invece sono ancora qui, più vivi che mai e con progetti che resteranno nel cuore di tutti.
Il Premio nacque nel lontano 1947, quando, dopo la guerra, iniziava l’era d’oro del cinema italiano. Si svolgeva a Roma, la selezione era severa e le attrici e gli attori in gara recitavano d’istinto, non avevano frequentato le scuole di formazione. Però erano divi, come immagine, talento e savoir-faire.
Le foto raccontano ogni passaggio di quelle magiche serate. Le attrici erano elegantissime nei loro abiti lunghi, fluttuanti e leggeri, ricamati con paillettes e lustrini. Ed erano davvero belle, procaci, naturali. Allora non c’era il silicone, non si esercitava la chirurgia plastica e nasini e “nasoni” avevano lo stesso pregio.
Per molti italiani il cinema era il punto di riferimento giusto: al buio delle sale si poteva sognare. E, quando terminava un film, il pubblico applaudiva con gratitudine. E poi c’erano i Nastri.
Nell’appuntamento del ’47-’48 a vincere il Nastro d’Argento furono: il film Paisà di Roberto Rossellini; Miglior soggetto Vivere in pace di Suso Cecchi D’Amico e Luigi Zampa; Migliore protagonista Alida Valli in Eugenia Grandet; Migliore attore Amedeo Nazzari per Bandito; Miglior esordio Walter Chiari per Vanità.
È bello riscoprire, attraverso i libri e le clip di quel periodo, il nostro passato, fatto di cinema e sigarette fumate in sala, dove tutti venivano avvolti da nuvole azzurre che allora facevano très chic.
Ne parliamo con Laura Delli Colli.
Presidente, i Nastri vivono e crescono ancora. Il merito è soprattutto suo che, sin da bambina, è cresciuta a pane e cinema e ha mille idee. Cosa risponde?
«Ho sempre amato il cinema sin da ragazzina. Nella mia famiglia ci sono stati personaggi straordinari (Tonino Delli Colli) che erano sempre presenti sui set. Ne parlavano e io ascoltavo senza mai stancarmi. Nel ’47 non ero ancora nata, ma con gli anni quei racconti meravigliosi mi hanno fatto capire cosa volessi fare nella vita, cominciando dal giornalismo».
Cinema, giornalismo e scrittura, mentre i Nastri compiono 80 anni: che effetto le fa?
«Mi onora, credo nella memoria del cinema. Quando parlo con qualcuno che, avendo visto film o letto delle recensioni positive, mi suscita sempre delle emozioni. Il cinema è vita».
Sottolineando l’appuntamento del 2026 con i Nastri, cosa vorrebbe vedere e creare per festeggiare gli anni più importanti del nostro cinema?
«Vorrei che questo appuntamento diventasse un bel messaggio. Se riuscissimo ad avvicinarci a quei valori dove il cinema più incisivo è riuscito a farsi amare dal pubblico, potremmo esserne orgogliosi. Oggi molti film sono riusciti a raggiungere mete altissime».
Anche all’estero…
«Infatti, siamo lo specchio di un cinema di cui molti ne riconoscono la qualità. È un valore civile, un modo per valorizzarne i meriti».
È una bella responsabilità la sua…
«È ciò che penso di fronte alle difficoltà. Abbiamo messo in campo tutta la nostra storia, perché accanto alla memoria ci sono le battaglie in tutto ciò che facciamo. Siamo grati per il riconoscimento che il Ministero ci ha dato con i Beni Culturali».
Ha già dei programmi per il 2026? Tornerà anche il progetto sulle Lunghe Serialità?
«Vogliamo guardare avanti e continuare a crescere. Abbiamo avuto lo sguardo attento anche verso i giovani, ai loro esordi, senza dimenticare attori e attrici. Torneranno i Nastri per la Grande Serialità e i Nastri d’Argento per il Cinema».
La sua fiducia nel cinema è ciò che vogliono sentire i nostri lettori: ora ci sono le vacanze di Natale, e dopo?
«Intanto stiamo rileggendo la storia attraverso il Biraghi (che è anche un premio che si dà a Venezia), poi c’è la speranza di una produzione giusta che riapra formule nuove. Siamo aperti alle novità, non dimenticando la bellezza delle sale cinematografiche piene. Per un intelligente cinema italiano, che viene apprezzato anche nel mondo. Sono convinta che la nostra storia non si perderà mai».