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La Procura boccia i pm del caso Open Arms

Oltre al buon senso della stragrande maggioranza degli italiani c’è una serie di magistrati che ha considerato inesistenti le accuse al ministro leghista
di Pietro Senaldi giovedì 27 novembre 2025

3' di lettura

«Il ricorso non dimostra l’esistenza di reati a carico di Matteo Salvini». Così ha detto ieri la Procura Generale della Cassazione, pronunciandosi sull’atto dei pm palermitani, che si ostinano a considerare il leader leghista un sequestratore. Che dire? Sono d’accordo con quello che sostengono sempre i magistrati sul loro lavoro: i giudici vanno ascoltati e i verdetti vanno rispettati. E aggiungo: non sarebbe male se l’esempio arrivasse da chi è in toga ancor prima che dai sentenziati. Perché adire alla Suprema Corte, che dà giudizi di legittimità e non di merito, per impugnare una sentenza assolutoria secondo cui, nel merito, il reato contestato non è provato?

La vicenda è nota. L’anno scorso il Tribunale di Palermo aveva stabilito che l’attuale vicepremier non è un rapitore su larga scala. «Il fatto non sussiste» è stata la motivazione con cui l’imputato è stato assolto dall’accusa di sequestro di persona per aver ritardato di giorni lo sbarco in Italia di oltre un centinaio di migranti salvati in acque internazionali dalla nave spagnola Open Arms, quando era ministro dell’Interno, nel 2019. La sentenza ha spiegato che l’Italia non era obbligata a indicare un porto sicuro e che, siccome il soccorso in mare non è un atto ostile, tutt’altro, il salvataggio non fa scattare il sequestro. I giudici poi avevano specificato quello che la logica comune già sapeva: se chiudi la porta a chi vuol entrare senza averne diritto, non lo sequestri, perché questo è libero di recarsi altrove. Avevano perfino aggiunto che, casomai, era stato il capitano della Open Arms a tenere in ostaggio gli immigrati, intestardendosi nel volerli sbarcare per forza in Italia, quando porti spagnoli erano pronti ad accoglierli. La Procura palermitana però ha ignorato sia il giudizio sia il suggerimento dei giudici, facendo ricorso diretto alla Cassazione, forse nel timore che la Corte d’Appello avrebbe confermato che il sequestro non è provato.

«Sono soddisfatto dell’opinione del procuratore», ha dichiarato il vicepremier, conscio che il parere di ieri non è una pietra tombale sulla vicenda. Difficilmente infatti esso convincerà i pm siciliani e il procedimento in Cassazione andrà dunque avanti.

Da osservatori, non possiamo non ricordare che l’incriminazione del leader leghista aveva suscitato da subito perplessità anche tra autorevoli magistrati. «Non vedo dove Salvini stia sbagliando: si cerca di entrare illegittimamente in Italia e il ministro dell’Interno interviene perché questo non avvenga», aveva scritto il procuratore di Viterbo, Paolo Auriemma, in una chat privata all’allora presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara. «Comunque va attaccato», era stata la risposta del capo delle toghe, che aveva così rinforzato la convinzione di quanti davano un’interpretazione politica delle accuse all’ex ministro dell’Interno. Palamara è stato poi radiato dalla magistratura, tra l’altro per violazione dei doveri di lealtà e imparzialità, ma per il leader leghista la cosa non ha cambiato nulla.

Sempre in qualità di osservatori, non possiamo non ricordare che Salvini fu accusato di sequestro anche a Catania, per lo stesso comportamento. Nella medesima estate aveva impedito per giorni lo sbarco di oltre cento migranti salvati dalla nave Gregoretti, della Guardia Costiera, ma il giudice per le udienze preliminari di Catania bocciò le richieste dei pm e non lo rinviò neppure a giudizio.

Insomma, oltre al buon senso della stragrande maggioranza degli italiani c’è una serie di magistrati che, nell’esercizio del proprio lavoro e privatamente, ha considerato inesistenti le accuse a Salvini. Peraltro esse, votate dal Parlamento a maggioranza giallorossa, che ha dato via libera all’incriminazione, non sono mai più state cavalcate dalla politica, che nasconde la mano dopo aver gettato il sasso. Non conviene a nessuno farlo, visto che quando Salvini era al Viminale, a Palazzo Chigi c’era Giuseppe Conte, che da capo dell’esecutivo non ritenne di intervenire, forzando la mano al suo ministro. Come se non bastasse, l’anno dopo, sotto un governo di sinistra, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese tenne per dodici giorni decine di migranti a bordo della nave Ocean Viking senza farli sbarcare, i maligni sostengono per non influire negativamente sulle imminenti elezioni regionali in Umbria.

E allora perché, contro il parere di colleghi procuratori di grado superiore e giudici, e ignorando episodi identici ritenuti legittimi, la Procura di Palermo si ostina a chiedere la condanna di Salvini per sequestro di persona a sei anni di reclusione? Che senso ha, se si sostiene che la magistratura dev’essere tutt’uno, senza separazione di carriere e organi di amministrazione e disciplinari continuare a insistere sulle proprie opinioni che tutti gli altri colleghi ritengono infondate?

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