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Latina, rischia il carcere perché ha evaso 20 euro

Una fattura è stata fatale. La cifra contestata è di 21,58 euro. Una somma che per i giudici merita due mesi di reclusione e il pagamento delle spese processuali
di Ignazio Stagno domenica 14 luglio 2013

2' di lettura

Anche il fisco non è uguale per tutti. Come la legge. In Italia si può finire in galera anche per aver evaso 21 euro. La grottesca storia arriva da Latina. A restare vittima degli "007" del fisco è stato un imprenditore laziale che ha rischiato le manette per una cifra irrisoria. Ad inchiodarlo alla sbarra è stata la dichiarazione dei redditi del 2004, quella in cui inserì una fattura, considerata dalla corte inesistente, da 107,59 euro. A questo punto sarebbe scattata la conseguente sottrazione al fisco dell’ Iva. Importo? 21,51 euro. Ventuno euro che ora rischia di pagare con sudori di sangue. Infatti l'uomo è stato condannato a due mesi e 20 giorni di galera. A nulla è servito un processo lungo ed estenuante. Ninte da fare il verdetto è stato confremato anche all’ultimo grado di giudizio. L'imprenditore è stato condannato anche dai giudici della Cassazione che di fatto si sono accaniti sul piccolo evasore. Va detto che in questo momento la pena è stata sospesa. Ma resta comunque il fatto che il fisco severo e i magistrati inflessibili danno sempre più vita ad uno stato di polizia tributaria. Insomma vietato sbagliare anche di pochi centesimi. Altrimenti scattano le manette. Pena ingiusta -  Secondo i giudici della Suprema Corte poco importava che l’Iva evasa fosse di così modesto importo, “non essendo previsto per la sussistenza del reato alcun limite di punibilità”. Il povero malcapitato non è ancora uscito dall'incubo. Infatti la legge prevede quattro giorni di reclusione per ogni euro di imposta evasa e in più l’addebito di tutte le spese processuali. Un vero calvario che apre un dibattito su come le norme siano ormai distanti dalla realtà. Pene esemplari per piccoli evasori. Pene leggere per i grandi furbi. In Italia l'evasione dell'Iva ha sfiorato i cinquanta miliardi. Ora la condanna di questo imprenditore di Latina segna un precedente importante nella giurisprudenza italiana. Ma la sensazione è che spesso il rigore di certe toghe sia sinonimo di ingiustizia. La pena va equiparata al reato. Non si può andare in carcere per 20 euro. Nemmeno in un Paese che ha evasori da generazioni. (I.S.)

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