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Stefano Cucchi, il vicebrigadiere Tedesco: "Fu preso a schiaffi in faccia. E poi...", testimonianza-choc

di Gino Coala domenica 14 aprile 2019

2' di lettura

"'Tu devi seguire la linea dell'Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere'. È quanto mi disse Mandolini quando, dopo la morte di Cucchi gli chiesi come dovevamo comportarci se chiamati a testimoniare". Lo ha detto in aula Francesco Tedesco, il vicebrigadiere super teste e imputato nel procedimento in corso davanti alla prima Corte d'assise sulla morte di Stefano Cucchi. Sono cinque i carabinieri alla sbarra nel procedimento bis in corso davanti alla prima Corte d'Assise: Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Tedesco, rispondono di omicidio preterintenzionale. Tedesco risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto di Cucchi e calunnia insieme al maresciallo Roberto Mandolini, all'epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne eseguito l'arresto. Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, è accusato di calunnia con gli altri due, nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso della prima inchiesta sul caso. Leggi anche: Cucchi, la svolta nelle indagini: spunta la prima relazione sul decesso tenuta segreta "Non era facile denunciare miei colleghi. Il primo a cui ho raccontato quanto successo è stato il mio avvocato. "Cercavo un contatto con qualcuno... per questo in udienza guardavo Ilaria che può aver visto questa cosa come una provocazione ma in realtà io mi sentivo solo contro il mondo". La notte dell'arresto di Cucchi, il 15 ottobre del 2009, nella caserma della Compagnia Casilina, dopo aver provato a fare il fotosegnalamento, che Cucchi rifiutò, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro lo aggredirono. La ricostruzione la fa in aula Francesco Tedesco, il vicebrigadiere super teste e imputato nel procedimento in corso davanti alla prima Corte d'assise: "Mentre uscivano dalla sala, Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Poi lo spinse e D'Alessandro diede a Cucchi un forte calcio con la punta del piede all'altezza dell'ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: 'Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete'. Ma Di Bernardo proseguì nell'azione spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbattè anche la testa. Io sentii un rumore della testa che batteva". "Poi -aggiunge il militare - D'Alessandro gli diede un violento calcio all'altezza del volto". Secondo la ricostruzione di Tedesco, il maresciallo Roberto Mandolini sapeva fin dall'inizio quanto accaduto perché era stata la prima persona con la quale il vicebrigadiere e D'Alessandro e Di Bernardo avevano parlato. La sera stessa dell'arresto di Cucchi, dopo il pestaggio nella caserma della Compagnia Casilina, i tre portarono il geometra presso la stazione Appia dove Di Bernardo e D'Alessandro parlarono con Mandolini di quanto era successo. "Arrivò anche Vincenzo Nicolardi - aggiunge Tedesco- che parlò, solo, con Mandolini".

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