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Coronavirus, "quando ero io in terapia intensiva": la lettera di una ragazza che deve far riflettere

lunedì 9 marzo 2020

2' di lettura

L'edizione on line del Corriere della sera, lunedì 9 marzo, pubblica una lettera firmata dalla figlia di un’insegnante milanese. Questa ragazza è stata ricoverata in terapia intensiva prima dell’emergenza Coronavirus, per motivi non legati a questo contagio. Il suo, scrive il quotidiano, vuole essere un appello a trattare questo contagio con serietà. "La percezione di quello che leggiamo e che ci dicono può sembrare, per molti, lontana. Forse perché molti, fortunatamente, non hanno toccato con mano le conseguenze delle parole che sentiamo pronunciare in questi giorni. Dieci anni fa uno di questi posti in terapia intensiva è toccato a me. Per una settimana. Ho avuto bisogno di un’ambulanza che, grazie a un sistema sanitario non al collasso, è riuscita a garantire un tempo di arrivo utile a gestire perfettamente l’emergenza. Grazie ad un sistema sanitario efficiente e regolarmente funzionante, quel posto mi è stato garantito: e senza quel posto, non sarei qui a scrivere".

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La ragazza entra poi nello specifico: "Ho passato 5 giorni, in quel letto: in attesa che potessero farmi il secondo intervento chirurgico di cui necessitavo. Un intervento per il quale le chance (visto che ci piace tanto giocare con i numeri che leggiamo sui giornali, e che tanti con cui parlo si sentono al sicuro grazie alle percentuali che leggono) erano in mio favore. Sì, nel mio caso i numeri hanno funzionato. Ma in mezzo a queste percentuali ci sono state 24 ore, per 5 giorni; più altre 24 ore per altri 2 giorni, post intervento. Ho percepito e beneficiato del lavoro immane di medici, infermieri, operatori sanitari che notte e giorno ci garantivano cure, attenzioni e anche affetto. Un lavoro immane già in situazioni normali: figuriamoci in questi giorni. Questa è una minima parte di quel «posto in terapia intensiva» che se riesci a occupare, nonostante le percentuali favorevoli, ti rimane dentro, e che a dieci anni di distanza ti tiene sveglia nelle notti in cui non riesci a dormire. A chi mi dice che non è giusto, che è stufo, che non è vero, che è impaziente: stare in casa, limitando le uscite al necessario, è manna rispetto a tutto il resto. Il nostro sistema sanitario, quando può funzionare come deve, è straordinario. E per funzionare ha bisogno di un piccolo sforzo da parte di tutti"

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