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SCHIFO DI MAMMAChe orrore quelle pressioni al telefonoper far prostituire la figlia di 14 anni

Lucarelli: Siamo stati abituati a leggere intercettazioni di ogni tipo. Ma nulla supera lo squallore di questa donna che si comporta da pappone
di Matteo Legnani domenica 10 novembre 2013

3' di lettura

Di intercettazioni, negli ultimi anni, ne abbiamo lette tante. Siamo gente temprata da fiumi di sconcezze e furberie smascherate da sbobinamenti selvaggi, noi italiani. C’è stato l’imprenditore che si sfregava le mani al pensiero dei soldi che avrebbe potuto fare grazie alla ricostruzione all’Aquila. C’è stata la Minetti coi suoi brief. C’è stato Fassino e il suo «Sto abbottonatissimo» a Consorte. C’è stato Miccoli coi suoi insulti al giudice Falcone. C’è stata la Finocchiaro e il suo «Conta su di me». C’è stato Belsito. C’è stato Fede. C’è stato Berlusconi e così via. Pensavo ormai di essere anestetizzata, vaccinata a tutto. E invece arrivano le intercettazioni relative all’inchiesta sulle baby squillo dei Parioli e penso che tutto quello che avevamo letto fino ad oggi, era acqua fresca. Penso all’incredulità di chi deve averle ascoltate la prima volta, a quella di chi le avrà trascritte e a quelle di chi, come me, si trova a commentarle cercando una chiave di lettura, una morale, una spiegazione che possa appellarsi a un contesto sociale, un appiglio tratto dai migliori manuali di psicologia delle dinamiche familiari e sapete una cosa? Non mi viene in mente nulla di freudianamente o morellianamente confortante. Mi viene solo una parola: schifo. Ditemi come altro si può commentare una madre che trasforma l’adolescenza di una figlia di quattordici anni in un meccanismo infernale, in cui non solo la ragazzina si prostituisce con la complicità di chi l’ha cresciuta, ma in cui la madre la pressa perché le servono i soldi. E sarebbe già aberrante se una madre costringesse sua figlia a vendersi a qualche maiale col pallino per le lolite per pagare la bolletta del gas prima che gliela stacchino, ma qui l’orrore diventa schifo: la madre frigna perché se la ragazzina non apre le gambe, non sa come pagare 45 euro per vedere chissà quale  spettacolo. Magari un bel concerto, di quelli pieni di ragazzine, a cui quelle ragazzine sono potute andare dopo aver chiesto i soldi alla mamma per giorni, mesi. O dietro la promessa di andare bene a scuola, di fare i compiti. Ecco,  qui la storia è orrendamente ribaltata. La madre chiede alla figlia i soldi per lo spettacolo e la invita a trascurare la scuola, addirittura a ritirarsi, pur di trovare il tempo e le energie per prostituirsi. «Quando esci da scuola torni a casa... due tre ore studi... e...». ?Figlia: «Dopo non ce la faccio ad andare da Mimmi (uno degli sfruttatori) non ce la faccio se studio perché dopo sono stanca...». «Allora devi fare una scelta... puoi alternare i giorni... qui una soluzione bisogna trovarla... rifletti bene su questo aspetto della scuola... se no... ti ritiro...». ?Figlia: «Non mi puoi ritirare mamma non c’ho 16 anni... ci voglio andare... però non voglio andarci senza aver fatto i compiti...». La ragazzina non vuole andare a scuola senza aver fatto i compiti, ma la verità è che in questa storia oscena, in cui c’è un mondo, un’adolescenza capovolta, i suoi compiti non sono la versione di latino o l’equazione di matematica. Sono gli incontri con squallidi figuri che pagano per abusare qualche ora o qualche giorno il corpo giovanissimo di una ragazzina che forse vorrebbe solo studiare. In questa storia rovesciata, la scuola è un letto in una stanzetta desolata, in cui una ragazzina impara una lezione aberrante: c’è una miseria umana, uno schifo, una depravazione nauseabonda in cui si può sprofondare per mano di chi ti ha messo al mondo. In questa storia invertita, la vita di questa ragazzina non è scandita dall’ora di greco, dall’ora di chimica, dall’ora di inglese. È scandita dalle ore e dalle mezz’ore con i clienti. E l’intervallo, forse, è il tempo per studiare.  Non ci si può non domandare, leggendo le parole di questa madre, come tutto ciò sia stato possibile. Una madre che adotta con la figlia quattordicenne lo stesso meschino pressing psicologico di un laido pappone. Una madre. Colei che più di ogni altro dovrebbe accompagnare una figlia in quel percorso delicato, complesso, meraviglioso che è la scoperta della sessualità e che invece, in questa storia immonda, insegna a una figlia che il sesso è solo questo: le mani sudate di qualche sconosciuto e un comodino, accanto a letto, con sopra i compiti ancora da finire. Schifo. di Selvaggia Lucarelli

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